La Chiave di Volta

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La Temperanza

Premessa

È accaduto tutto in un attimo. Un intenso e drammatico attimo durante il quale ogni cosa è divenuta chiara e luminosa, come il sole che, in mezzo al dì, risplende nel cielo, sopra il mondo.

Sono trentacinque anni che cammino sul “Filo del Rasoio”. Trentacinque lunghissimi anni durante i quali mi sono mosso, perlopiù strisciando, in mezzo al buio e accendendo, ogni tanto, una lampadina. All’inizio e grazie al buio totale, era tutto piuttosto assurdo, ma ogni lampadina accesa aveva il potere di dare un senso nuovo al quadro d’insieme, rinnovando continuamente l’oscura forza che, sin dall’infanzia, ha dominato la mia esistenza.

Ecco, il presente lavoro è un aggiornamento del lavoro sull’Eloah (che, quindi, dovrebbe essere letto prima di questo) e, allo stesso tempo, è l’ultima lampadina da me accesa sul Filo, quella che completa l’intero puzzle. Un dono per chi lo desidera, forse un commiato per quel che mi riguarda, ancora non lo so.

Psilocibina

Fu, all’incirca a metà del cammino che, spinto dalla consueta forza oscura, mi misi alla ricerca della psilocibina. Erano gli anni novanta e mia moglie mi aveva già regalato due figlie.

L’idea delle “piante di potere” l’avevo tratta, come tanti, dai libri di Castaneda e, nonostante e sino a quel momento “me la fossi messa via”, verso la metà del decennio la curiosità verso le piante di potere si ripresentò, aggressiva come mai era stata prima.

Il problema era che non avevo la minima idea di dove e come riuscire a recuperare i funghi che, avevo letto, la contenevano. Questo sino al 1995, ossia all’arrivo d’internet. In realtà e a proposito della c.d. rete, specifico che stiamo parlando dell’età del bronzo, un’era nella quale Google ancora non esisteva (al suo posto si usava Altavista) e le chat avevano un solo nome: IRC. Tuttavia, le informazioni, per quanto scarse, lacunose e a volte contraddittorie, avevano già iniziato a viaggiare a velocità luce e questo mi rese possibile ampliare in modo davvero importante la conoscenza dei funghi psicoattivi. Al punto che, un paio d’anni più tardi e grazie a incontri con alcuni personaggi chiave avvenuti proprio grazie alla rete, avevo imparato a riconoscerli, avevo individuato un posto “mio” che li ospitava e, di conseguenza, ero in grado di cercarli e di trovarli da solo.

PS

Psilocybe semilanceata
Psilocybe semilanceata

Non mi dilungherò nella descrizione delle mie esperienze con la psilocybe semilanceata giacché una considerevole parte di esse attiene alla mia sfera privata della quale, credo, v’interessi poco o punto. Inoltre, la rete ormai abbonda di notizie su di essi, sulla morfologia, sull’habitat e persino sulle regole d’assunzione dei funghi. Basta cercare. Vi è, però, un aspetto di quelle esperienze che ho verificato avere una valenza universale e che, proprio per questo, potrebbe essere considerato la c.d. pistola fumante (nel senso di prova definitiva) rispetto a quello che sto per descrivere.

Come detto, esiste uno schema comune nell’esperienza con la psilocibina che, almeno coloro che con me l’hanno sperimentata, definiscono il pattern dei frattali poiché si tratta di una conformazione percettiva molto peculiare e riconoscibile, data la presenza nel campo percettivo/visivo del soggetto, di una sorta di “parete” verticale formata da frattali. Una struttura che si sposta con la visuale del soggetto e che trasmette la peculiare sensazione di esistere sia fuori, sia dentro il soggetto percepente.

Molto presto, diviene evidente che la struttura opera un sostanziale mascheramento (assolutamente necessario, data l’estrema vicinanza al Nulla) e che è incredibilmente versatile perché si presta con assoluta facilità alla manipolazione percettiva, tanto che, soprattutto durante la prima parte del trip, ha il potere di stupire profondamente il soggetto (sì, non a caso sono chiamati “stupefacenti”). A parte la celia, tuttavia e qualora decideste, se non l’avete già fatto, di sperimentare la psilocibina, consiglio di focalizzare la vostra attenzione su un breve iato spazio-temporale, situato proprio nella frazione iniziale dell’esperienza, la fase in assoluto più potente del trip, durante la quale e dietro i frattali è possibile notare la presenza di qualcosa.

Questo è un fatto che ogni volta appare spiazzante giacché quel qualcosa assomiglia davvero troppo a un occhio che ci fissa in modo costante, senza smettere mai, nemmeno per un secondo. Di fatto, quindi e per anni, una tale presenza dietro la struttura frattale è stata per me un vero enigma. Un enigma che, tuttavia, ora credo d’avere risolto.

Coscienza e Consapevolezza

Noi conosciamo un unico modo d’essere coscienti e, di seguito, consapevoli. Segnatamente quello che usiamo ogni giorno della nostra vita. Quello che ci fa pensare a noi stessi come a qualcosa di separato da tutto il resto (qualunque cosa possa essere questo “resto”).

Tuttavia, anche mettendoci d’impegno, sembra davvero difficile trovare un “modo” diverso da questo. In altre parole, ciò che appare (la dubitativa è d’obbligo, a prescindere) è che la possibile esistenza di un modo d’essere coscienti e consapevoli “alieno”, sia sostanzialmente fuori discussione. E questo per una considerazione davvero semplice: se è vero, come abbiamo scelto di descrivere, che siamo una manifestazione specializzata della Coscienza Creatrice (CC), allora un’altra forma di consapevolezza ha senso solo in un altro Multiverso, in un diverso esperimento.

Qui, in questo esperimento, la CC è evoluta in un determinato modo che è quello che fa di noi gli individui che conosciamo, dotati di una consapevolezza molto precisamente definita e che funziona in un modo altrettanto definito. Tanto che, anche qualora riuscissimo a comprendere e, di conseguenza, a sperimentare tutte le undici dimensioni che compongono questo Multiverso, molto verosimilmente tale verità non muterebbe. Ossia, pur con tutte le riserve del caso e gli ampliamenti opportuni, con ogni probabilità continueremmo a sperimentare la coscienza e la consapevolezza come quelle cose che ci fanno sentire separati da tutto il resto.

Per questo, affermo che ipotizzare un modo diverso, alieno appunto, di essere e divenire della consapevolezza è possibile solo in un Multiverso differente, ossia e sempre ammesso che esistano, in uno o più degli innumerevoli (forse infiniti) esperimenti che la CC ha “in atto” per cercare una soluzione alla Danza Folle. Ovviamente e almeno per il momento, questo livello di complessità, essendoci del tutto precluso, si può solo immaginare. Del resto, esistiamo in questa configurazione di coscienza/consapevolezza (usando l’incomprensibile linguaggio della fisica moderna: in questa 3-brana tridimensionale immersa in un iperspazio ad 11 dimensioni) e, quindi, con questa dobbiamo fare le cose.

Evoluzione

Il nostro universo ha circa 13,82 miliardi di anni (l’attuale misura ha un’incertezza di circa 120 milioni di anni). Di conseguenza e a mente del fatto che tale valutazione è compiuta, tra le altre cose, con misurazioni sulla “radiazione cosmica di fondo” (la traccia del Big Bang), possiamo ragionevolmente supporre che anche il Multiverso che ci contiene abbia la medesima età.

Altrove (Keter), ho avanzato l’ipotesi che il Multiverso nel quale esistiamo sia composto da 2048 creazioni, dimostrando che si può arrivare a questo numero applicando il calcolo combinatorio semplice al numero di dimensioni previste dalla M-Theory (undici). Secondo la mia ipotesi, quindi, esiste un oggetto a undici dimensioni che, in sostanza, contiene tutti gli altri (compreso il nostro universo). Ecco, quest’oggetto a undici dimensioni probabilmente è la concrezione virtuale più simile alla Coscienza Creatrice che possiamo immaginare, almeno nella configurazione di coscienza/consapevolezza nella quale esistiamo. Questo perché la Dualità è, al pari dell’Uno, null’altro che uno Stato di Coscienza (Creatrice).

Così, quando la CC esce dall’Uno ed entra nella Dualità, essa sceglie un modo unico ed esclusivo d’essere consapevole nella virtualità. In effetti, nell’ottica della descrizione proposta, questo ha senso. Nell’Uno la CC è schiacciata dalla propria solitudine e, per questo, cerca soluzione nella Dualità che, tuttavia, scopre essere una trappola poiché non può essere compresa. Per questo, genera più Multiversi, in ognuno dei quali declina se stessa in maniera diversa perché questo distinguere il suo modo d’essere in ogni Dualità moltiplica le sue chance di riuscita rispetto al problema della Danza Folle.

La conseguenza di una simile strategia e attesa l’enorme inerzia propria soprattutto delle creazioni più dense (mi riferisco agli universi che compongono i singoli Multiversi), induce la CC a percorrere un lentissimo processo auto-evolutivo. Un percorso lunghissimo che, nel nostro caso, dura da 13,82 miliardi di anni e che ha portato la CC da uno stato di materia ed energia inanimate, sino al traguardo di un primate capace di sostenere un fenomenale incremento di consapevolezza. Mi riferisco a ciò che, per me e con evidenza, appare come il Sesto Salto Coscienziale (VI-SC), ossia l’ingestione, da parte della prima femmina di Sapiens, di carpofori psicoattivi. L’atto che ha originato l’uomo. Si osservi il seguente schema. Sintetizza il graduale percorso evolutivo della Coscienza Creatrice in questo Multiverso:

Salto

ANNI

EVENTO

I

-13,82 mld

Big Bang

II

-4/5 mld

Comparsa della vita biologica

III

-1,4 mld

Last Universal Common Ancestor (LUCA)

IV

-230 mln

Comparsa del Cervello rettile (sauri)

V

-150 mln

Comparsa del Cervello emotivo (mammiferi)

VI

-35000/-40000

Neocorteccia (Uomo)

VII

Adesso

Quantum Jump?

Di tutti gli step elencati, quindi, c’interessano particolarmente il primo (I-SC) e il sesto (VI-SC) poiché lì sono accadute cose davvero singolari.

Il punto fondamentale è costituito dallo stato originario della CC. Uno stato quasi del tutto privo di consapevolezza. Ho descritto questo in Keter e riprendo, qui e brevemente, l’argomento.

Quando “dio” si rivela a Mosè nel “roveto ardente”, lo fa esordendo con la frase “Io sono ciò che sono” (Ehyeh Asher Ehyeh, אהיה אשר אהיה). In sostanza, usando una tautologia che non spiega nulla di sé giacché, la “cosa” che parla, essendo del tutto astratta e priva della modalità dell’essere, non ha alcunché da spiegare in tal senso.

È precisamente da questo fatto che possiamo inferire la quasi totale assenza di consapevolezza nella CC. Come potrebbe avere consapevolezza se non ha nulla dal quale sentirsi separata? Non c’è riflessione nella CC perché non esiste qualcosa di diverso da essa che le restituisca un qualsiasi feedback. Per questo, quando deve descrivere se stessa, lo fa in quel modo così naïf e del tutto inadeguato: perché non sa, non conosce un altro modo. Non l’ha mai imparato.

Avverto il lettore che quanto sto trattando, non potrà essere davvero inteso se non si tiene costantemente presente che tutto quel che riguarda la CC avviene nella dimensione del c.d. Qui e Ora. Se affermo che la CC non ha mai imparato a essere consapevole, intendo esattamente questo perché, per la CC, un “prima” e un “dopo” semplicemente non esistono. Quel che voglio significare è che 13,82 miliardi di anni per la Coscienza Creatrice fanno parte di un solo, indescrivibile istante che contiene tutto. La solitudine, la lacerazione e le conseguenti, innumerevoli creazioni così come il processo di evoluzione coscienziale, stanno avvenendo Qui e Ora. Perciò, non c’è una serie di tentativi disposti uno dopo l’altro. Quel che esiste, è un unico, inenarrabile atto agente nel Qui e Ora, un atto che coinvolge tutti i Multiversi che, dal nostro punto di vista, sono esistiti, esistono e, forse, esisteranno. E su quest’unico atto si gioca l’intera partita dello Stato Terzo (vedi Keter).

Il punto, quindi, sta in questa esigenza di specializzazione che la CC persegue e che vede nell’uomo (almeno in questo Multiverso) l’espressione più avanzata, un’autentica cuspide. Un’esigenza che, tuttavia, è contrastata in modo formidabile dalla necessità di dimenticare la disperazione della solitudine eterna! Un’informazione, quest’ultima, che esiste in ciascun individuo e che, qualora diventi cosciente, può annichilire l’individuo, tanto è devastante.

È precisamente questo stato di cose, questa dicotomia profonda a determinare l’intera architettura dell’esperimento chiamato “uomo”. Due forze (perfettamente rappresentate da Rosso e Latone) che perseguono due obiettivi antitetici: la prima (prometeica) lavora per l’incremento di consapevolezza al fine di trovare soluzione alla Danza Folle, la seconda (epimeteica) mantiene e incrementa il sonno che assicura l’oblio della solitudine eterna.

Ora, la prima forma dell’istanza prometeica è l’Eloah o, per usare un linguaggio più moderno, l’anima. Gli Elohim, pertanto, sono strutture duali, molto vicine alla CC e dalla quale si discostano, oltre che per il fatto d’essere mortali, anche perché sono dirette in modo esclusivo verso la soluzione della Danza Folle.

Sin dal primo istante nel quale il Multiverso è venuto a esistenza, gli Elohim sono stati capaci di dotarsi di una fantastica visione prospettica e progettuale grazie alla quale, 13,82 miliardi d’anni dopo e per l’effetto del Sesto Salto Coscienziale, la CC è potuta giungere alla forma uomo.

Sino a un istante prima di tal evento, la vita biologica è pura meccanicità, nulla più di uno strumento approntato dagli Elohim per preparare il Sesto Salto. Un’infrastruttura complessa, ma totalmente meccanica e tutta giocata su un unico fine: la creazione di un sopporto fisico alla mente logica, ossia di una macchina biologica (il brain) le cui specifiche, a livello archetipale, probabilmente già esistono perché tutto ciò che possiamo osservare nella materia è una conseguenza di ciò che già esiste nella psiche.

Gli Elohim, in quel primo, fatale istante e grazie agli enteogeni, entrano nei primati e stabiliscono con essi un patto che prevede l’impegno, da parte dell’uomo, alla produzione di consapevolezza perché questo è stato, sin dall’inizio, il loro unico obiettivo: arrivare a una forma capace di un’enorme produzione di consapevolezza, ancorché in un intervallo molto breve (la vita umana). Quest’ultimo aspetto, infatti, non sarebbe comunque stato un problema, giacché la durata dell’intero sistema sarebbe stata assicurata dall’istinto di sopravvivenza da un lato e da quello di riproduzione dall’altro. È l’esortazione “andate e moltiplicatevi” raccontata dal mito, nonché la giustificazione il Terzo Salto Coscienziale (III-SC).

In cambio, per l’uomo vi è la scelta fra due possibilità:

  • Vivere la propria vita come meglio crede;
  • Cercare di realizzare l’unione con il proprio Eloah.

Nel primo caso, al singolo individuo è concessa qualunque esperienza, senza alcun limite se non quelli che egli pone a se stesso. Di talché, costui potrà vivere come una persona comune, come un santo oppure come un diavolo. Per l’Eloah è indifferente perché, alla fine, prenderà la consapevolezza prodotta da quell’individuo (che cesserà del tutto di esistere).

Nel secondo caso e ammesso che l’individuo si renda adatto, l’Eloah si fonderà con esso e, insieme, continueranno la sfida per la realizzazione dello Stato Terzo.

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Ecco, tutto questo è ciò che precisamente si sperimenta quando si portano gli enteogeni dentro di noi. Una conoscenza che arriva tutta intera e che è immediatamente disponibile ma che, tuttavia, diviene davvero fruibile solo quando il singolo raggiunge la fluidità sufficiente a renderlo capace di sostenerla, senza crollare sotto il suo peso. Quando ciò si verifica, ogni velo cade e la presenza dietro i frattali mostra se stessa per ciò che è sempre stata: l’Eloah o anima, che dir si voglia (in ogni caso, chi volesse approfondire i dettagli di questo rapporto, può leggersi Eloah e K).

Credo sia facile per il lettore vedere come tutto questo sposti l’intero dramma umano su un piano completamente nuovo e diverso e come, allo stesso tempo, prefiguri scenari realmente rivoluzionari. Anzitutto la scomparsa definitiva e totale di “dio” e il conseguente riposizionamento filosofico dell’uomo come Coscienza Creatrice agente.

Insomma, roba forte che, forse, cercherò di descrivere durante questo sorprendente 2016.

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