Dover Credere e Mitopoiesi

L'imperatrice Arcani Maggiori
L’Imperatrice

Abstract

Quest’articolo prosegue l’analisi riguardante la psicodinamica dei Centri muovendo da un aspetto, a mio avviso, sorprendente della mano umana. Per chi non lo sapesse, la chirognomia è la parte della chiromanzia che tratta la forma della mano (mentre la chirologia ne studia le linee) e, quel che qui interessa, è propriamente un particolare aspetto chirognomico legato alle nostre dita e, in specifico, al numero, alla forma e alle corrispondenze con i nostri tre cervelli.

Partendo, quindi, da questo specifico aspetto, cercherò di descrivere uno dei tratti più profondi e decisivi dell’umano agire, ossia la necessità di dover credere in qualcosa. Di conseguenza, tratterò la mitopoiesi, ossia la creazione mitologica, come naturale conseguenza della suddetta direttiva.

Molto bene, possiamo iniziare.

La mappa è il territorio

Titolo vagamente irrispettoso. In effetti, che la mappa non sia il territorio è uno degli assiomi della programmazione neuro linguistica (PNL) che lo deriva dalla fondamentale struttura percettiva dell’uomo. Architettura che, tuttavia e in certo modo, con questo lavoro intendo violare.

Le dita della mano dell’uomo sono cinque: pollice, indice, medio, anulare e auricolare (mignolo). A ciascun dito, la chirognomia classica assegna un pianeta, nonché qualità specifiche legate ovviamente alle peculiarità del pianeta di riferimento. Dettagli che, tuttavia e in questa sede, non tratterò se non in modo incidentale (chi volesse, può trovare moltissimo materiale in rete).

Ciò che qui m’interessa esporre è un’intuizione piuttosto recente, arrivata a seguito del post di un utente Facebook che, avendo pubblicato un commento su Gustavo Rol, ne aveva diffusa anche una foto nella quale era molto chiaramente visibile la sua mano sinistra, con il palmo aperto e le dita distese.

simbolismo_Rol

La foto m’incuriosì immediatamente, tanto che la commentai riguardo al mignolo di Rol che, come si vede, appare diritto come un fuso (segno di una naturale tendenza dell’individuo a dire il vero o, almeno, ciò che ritiene esser tale). Inoltre, notai la perfetta uguaglianza nella lunghezza dell’indice e dell’anulare, a sua volta indicazione di un punto di profondo equilibrio fra centro mentale ed emotivo.

Tuttavia, mi resi conto che il quadro era incompleto. Dove stava il rettile? Formulato questo pensiero, notai il medio che mi guardava, quasi canzonandomi. Risi tra me poiché, come spesso accade, mi resi conto che la risposta era sempre stata lì e che, sino a quell’istante, semplicemente non l’avevo notata. Eccolo, il rettile. Il dito più lungo, piazzato centralmente. L’elemento che disegna il vertice della piramide individuale e che è simboleggiato da Saturno, il dio conosciuto dai greci con il nome di Crono, colui che, in nome della sopravvivenza e con l’aiuto della madre, evira il padre Urano e che, a sua volta divenuto tale, divora i propri figli. Il tratto è totalmente rettile e ripresenta, seppur in chiave edipica, il pattern del nutrirsi di altra vita biologica per sopravvivere.

Avevo, quindi, una perfetta rappresentazione della Triade ma restavano altre due dita da sistemare: il mignolo (auricolare) e il pollice. Altra risposta fulminea e spiazzante: l’auricolare, è l’elemento che suggerisce “soluzioni” (s’infila nell’orecchio). In sostanza, parliamo di ciò che altrove ho denominato K (k e Intervista a K), ossia di chi ci sospinge sui treni emotivi che ci portano dentro la sofferenza che serve per farci produrre consapevolezza.

Resta il pollice opponibile, ossia l’istanza consapevole che sta leggendo queste righe, segnatamente ciò che è denominato Io Osservatore (IO).

Il tutto, come detto, a formare la piramide individuale. Una struttura gerarchica rigidissima e davvero potente, mirabilmente descritta dalla nostra mano al punto e che, se volete e proprio in questo senso, giustifica l’impertinenza del titolo.

Cinque Elementi

In un articolo precedente (Psicodinamica dei Tre Cervelli e Visione Olistica), ho accennato al modo con il quale i Centri interagiscono. Ebbene, la nostra mano lo rappresenta in modo plastico e trasparente, aggiungendo l’elemento mancante, quello che passa sempre inosservato giacché è costantemente in atto d’osservare: l’Io Osservatore, appunto. Nel complesso, quindi, si tratta proprio di una mappa che rappresenta una struttura semplice, potente ed elegante e, come vedremo, capace di influenzare in modo profondo la mitopoiesi di qualsiasi individuo e/o eggregora.

Cade qui di fare una precisazione. L’IO sta in posizione terza rispetto alla sua stessa totalità psichica, tuttavia, è opportuno tenere presente che la direzione nella quale volge il suo sguardo è verso l’esterno. Questo è molto importante, giacché spiega davvero bene il motivo per il quale il sonno dei viventi è così potentemente strutturato e, di fatto, vincibile solo grazie a uno sforzo eccezionale.

In sostanza e rispetto agli altri quattro macro elementi dell’oggetto denominato Mente, l’IO sta nella medesima posizione di colui che prende gli schiaffoni nel gioco denominato “schiaffo del soldato”.

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L’IO conosce solo i ceffoni (pulsioni) che sente arrivare, ma non ha alcuna contezza dell’identità dell’autore. Anzi, non si rende minimamente conto del fatto che dietro di lui esistono quattro tizi, tre dei quali passano il tempo malmenandolo, mentre il quarto profitta d’ogni singolo colpo per aumentare la sensazione di sofferenza (e, allo stesso tempo, per trarre da ciò un autentico piacere sadico).

Ecco, è precisamente questo stato di cose a determinare ciò che va sotto il nome di “mitopoiesi”, ossia e letteralmente “creazione del mito”. Questo è un fatto davvero curioso e che s’incardina proprio sull’ignoranza dell’IO riguardo alla vera natura delle proprie pulsioni. Dai tre centri, infatti, arrivano pulsioni di tipo molto diverso (e, solitamente, contaminate in modo profondo) che, in ultima analisi, assumono tutte la forma di un’emozione che l’IO sperimenta senza, tuttavia, conoscerne la causa né, tanto meno, la struttura profonda. Ciò basta a scatenare l’attività fantastica trasformando, ad esempio, la realtà della cruda immagine che descrive lo “schiaffo del soldato” (Figura 1), nella rappresentazione mitizzata (peraltro, bellissima) in Figura 2. In una parola, ciò che va sotto il nome di mitopoiesi:

io osservatore

Quest’ultima immagine dovrebbe chiarire che se la sostanza della questione rimane la stessa, ciò che muta in modo mirabile è la scenografia. E questo, con riferimento al funzionamento complessivo del sistema, è un fatto d’importanza centrale. Ciò che va apprezzato, infatti, è il reale effetto di un tale balzo estetico, ossia qualcosa che, pur lasciando inalterata la meccanica dei flussi d’informazioni in entrata e in uscita, genera un boost emotivo di proporzioni potenzialmente titaniche, infine, la base autentica della c.d. inflazione psichica, ossia di quel processo d’identificazione profonda del soggetto con le proprie creazioni mentali le quali finiscono per possederlo.

Il contesto diviene grandioso, nobilitandosi e spostando la dimensione percettiva su un piano totalmente diverso, fatto di maestosità e bellezza. È tutto finto, eppure questo non è rilevante giacché l’IO ci crede ciecamente e ciò accade per un solo motivo che potremmo denominare coazione a credere, ossia una direttiva che, costringendo l’IO a credere in qualcosa, mantiene integro lo stato di sonno che garantisce la sopravvivenza della molteplicità e, quindi, l’oblio della solitudine eterna. Così, questa direttiva fondamentale è realizzata in due modi:

  • Tramite l’illusione dell’IO d’essere un’unica entità (ciò è dovuto al fatto che il suo sguardo è direzionato verso l’esterno, impedendogli di divenire consapevole della psicodinamica esistente fra i Centri);
  • Tramite la bassissima velocità di funzionamento del Centro Mentale rispetto al Centro Emozionale (ricordo che il Centro Mentale è l’interfaccia funzionale che L’IO adopera per comunicare con il resto della totalità psichica). Ciò grazie alla presenza delle “macchine neurali” (golem) le quali, assorbendo tutta l’energia disponibile, azzerano la possibilità di controllo delle emozioni.

In simili condizioni, l’attività fantastica è l’unica scelta possibile per compensare il senso d’inadeguatezza e di smarrimento che l’individuo deriva dall’architettura appena descritta.

Un’attività che si spiega a diversi livelli i quali possono andare dalla banalità delle situazioni quotidiane, al delirio paranoide, passando per il fondamentale (a livello funzionale) processo di sacralizzazione di elementi specifici. In generale, quindi, si tratta di un pattern che si estende a qualsiasi aspetto del reale e che ha la sua manifestazione più evidente nel c.d. dialogo interno, ossia l’incessante confabulazione che ciascun individuo alimenta durante l’intero periodo di veglia.

Soffermandoci, quindi, sul predetto processo di sacralizzazione è agevole ipotizzare che questa “predisposizione al sacro” è elemento scaturente in modo diretto proprio dalla direttiva “dover credere” e che, con il tempo, tende a cristallizzarsi in forme molto estese, il tutto in base al seguente schema generale:

(Keter) -> Dover credere -> Tendenza sacralizzante -> Mitopoiesi -> Credenza strutturata

Partendo dal motore nascosto (Keter), abbiamo, quindi, una pulsione primitiva, genetica e di matrice intellettuale, la quale non lascia alcuna scelta all’IO rispetto alla necessità di avere qualcosa nel quale credere, qualunque cosa sia. Ciò, infatti, è vero sia per chi crede in un “dio”, sia per il razionalista puro il quale ha come “dio” la razionalità. Ed è su tale pulsione che il singolo modella, direttamente nel proprio brain, un’area sacra nella quale mettere gli oggetti della propria, specifica fede.

È del 3 novembre 2015 un post comparso su neuroscienze.it (http://www.neuroscienze.net/?p=4458) dal titolo “Un Centro Divino nel Cervello”. Cito direttamente dall’articolo linkato “è una scoperta di enormi proporzioni: le basi biologiche per cui gli esseri umani sono “predisposti” (Rudolph Otto) al pensiero religioso”.

Vedere una cosa, non capire ciò che si sta osservando e, tuttavia, riuscire a stupirsi. Troppo carino.

Ciò che appare evidente, almeno a me, è che la pulsione genetica impone la realizzazione, in termini strettamente neurali, di una zona che garantisca l’intangibilità degli oggetti che la popoleranno. Ciò, a prescindere dal tipo di oggetti, garantirà l’edificazione di un tempio, nonché la qualificazione di ciascun individuo come “credente” salvando, in questo modo, il sonno dei viventi, la molteplicità e, di conseguenza, l’oblio rispetto alla solitudine eterna. Brilliant!

La domanda, a questo punto è la seguente: se la direttiva denominata “dover credere” manca del tutto negli altri animali, perché esiste nell’uomo? E la risposta, almeno per come la vedo io, è che sia stata introdotta nei Sapiens dalle chiavi biologiche (funghi psilocibinici e altre piante psicoattive).

Tali chiavi, in sostanza, sarebbero state per i Sapiens ciò che il primo batterio fu per il LUCA (Last Universal Common Ancestor), ossia un acceleratore genetico. Un carrier che porta dentro i primati informazioni genetiche prima assenti e che, con tutta evidenza, provocano nei Sapiens medesimi dei mutamenti profondi e che si manifestano nello sviluppo ipertrofico della neocorteccia.

Insomma, si può discutere all’infinito, ma se quella roba (il centro divino) “prima” non c’era, allora, data la nostra discendenza dai primati, vuol dire che qualcosa o qualcuno l’ha portata dentro di noi. E che ciò sia avvenuto per mezzo dell’innesto di un’informazione genetica complessa, mi pare la soluzione più semplice e logica.

In ogni caso e per tornare al problema della mitopoiesi, si consideri il seguente documento il quale, credo, ne rende un esempio molto chiaro. Si tratta di un filmato, di evidente origine massonica, dal titolo “La Verità su Satana”: https://youtu.be/c4Cx90sUgH0.

Non v’è alcun bisogno di sciropparsi tutto il video, bastano i primi minuti per rendersi precisamente conto di come l’attività fantastica funzioni in noi e come, grazie al continuo flusso di pulsioni provenienti dai Centri, l’IO non smetta mai d’inventarsi favole (mitopiesi). Il video narra di Baphomet, l’idolo dalla testa di capra che, si dice, adorassero i templari. Di conseguenza, spiega il perché della testa caprina. Perché la costellazione del Capricorno ha Saturno come pianeta, ossia Kronos, il “signore del tempo”. “Eterno” (Ex-Ternus) significa “fuori dalla triade temporale” … Ecco fatto, a parte l’etimologia sbagliata, la narrazione è ancorata a qualcosa di apparentemente solido e, per questo, capace di sostenere la descrizione specifica che, da lì in poi, si sviluppa e della quale c’interessa poco o punto. Tuttavia, l’esempio dovrebbe bastare a descrivere il meccanismo in discorso che, è bene ricordarlo, è onnipresente e veicola ogni aspetto del processo creativo. Processo che, come detto, è vero anche per i razionalisti e che, soprattutto con la grafica computerizzata, ha prodotto immagini davvero rimarchevoli. Come l’Albero della Vita, ad esempio:

open-tree-of-life

In occidente, tale figura è usata per catalogare le relazioni di parentela tra tutte le creature della Terra. Fossimo buddhisti, questo sarebbe un mandala, ossia la rappresentazione mitopoietica del processo mediante il quale il cosmo si è formato dal suo centro.

Come questo, ad esempio:

Ratnasambhava1

Quanto sono distanti, secondo voi e sotto il profilo strettamente concettuale, le due descrizioni?

Ciò che intendo significare, è che buddhisti e razionalisti, adoperano lo stesso meccanismo (mitopoiesi) per enfatizzare, anzi, mitizzare idee che fanno parte della loro specifica descrizione. E ci riescono alla grande, niente da dire.

A mio modo di vedere, quindi, il problema centrale sta tutto nella necessità di un preciso cambio di paradigma da parte di ciò che abbiamo chiamato Io Osservatore. E non si tratta di un semplice processo d’introversione perché chiunque pratica una qualsiasi forma di meditazione, mette in atto un’importante introversione del flusso psichico. Tuttavia, non conosco meditanti che siano divenuti consapevoli della struttura sopra descritta (ho affermato che non ne conosco, non che non esistono).

Il vero problema, tuttavia e rispetto a un intento di tale portata, è costituito dalla struttura che abbiamo denominato “K” e, di conseguenza, dalle macchine neurali che, infine, sono tutte al suo servizio. A causa di ciò, affermo che l’unico modo per divenire consapevoli di questa struttura è camminare sul “Filo del Rasoio”.

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