Il Senso di Colpa

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Ciò che segue, è una sommaria analisi del modo con il quale l’uomo tratta il Senso di Colpa. Nell’articolo, la locuzione “Senso di Colpa” è resa dall’acronimo “SdC” e qualunque riferimento a cose e/o persone realmente esistenti è da considerarsi voluto.

In Keter (al quale rimando), ho affermato che il SdC è connaturato in modo nativo alla Dualità. Non descriverò nuovamente quelle immagini. Mi limito a rilevare come, almeno in ambito concettuale, l’incapacità di capire l’essenza di ciò che ci circonda (ossia, il vero e unico motore del SdC), concreti un livello d’astrazione del problema piuttosto elevato.

Il punto di discussione, quindi, sembra stare proprio in tale forte astrazione, ossia in una difficoltà intellettuale oggettiva che sembra giocare un ruolo decisivo a favore dell’oblio della vera natura del SdC (vero target di Mente). Come vedremo, più che di oblio si dovrebbe parlare di misunderstanding o, anche, di un trucco attuato da Mente al fine di celare la vera natura del SdC.

Perché Mente faccia questo è stato ampiamente descritto in Keter. Di conseguenza, qui mi soffermerò sul come e, per farlo, partirò dalla nostra struttura più semplice e primitiva, ossia dai comandi più profondi e antichi generati dal cervello rettile: sopravvivenza e riproduzione.

Nota – Si è soliti affermare che il cervello rettile genera due pulsioni fondamentali: sopravvivenza e riproduzione. Ritengo quest’affermazione non del tutto corretta giacché nell’uomo, a mio modo di vedere, la riproduzione è un aspetto della pulsione alla sopravvivenza. Ne consegue che, da un punto di vista sistemico, l’unico comando esistente sarebbe solo quello di sopravvivere. Detta diversamente: l’uomo cerca, nelle persone dei figli, l’immortalità che non può avere a causa della mortalità del corpo fisico. Del resto, pare ovvio che, senza la morte fisica, non solo la necessità riproduttiva non sarebbe più tale, ma l’intero cervello rettile avrebbe esaurito ogni sua funzione e, di conseguenza, ogni diritto a esistere. Segnatamente, senza morte fisica, non esisterebbe un corpo che può morire. La conseguenza è la teorizzazione di un livello d’esistenza su un piano diverso da quello fisico (ma questo è un altro discorso).

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Sculpture by Avery Palmer

Ora, affermo che il suddetto oblio (o malinteso, o trucco che sia) è agito anzitutto proprio grazie alle suddette, primarie necessità: sostentare l’entità biologica e riprodurla. Nel primo caso, la necessità di sopravvivere mangiando altri esseri viventi. Nel secondo, ancora una volta la necessità di sopravvivere generando nuovi esseri viventi e, quindi, nell’illusione che l’esistenza prosegua in questi.

Brutalmente, rilevo come tutto ciò sia paradossale. Infatti, proprio l’attività che mi costringe a sopprimere altri esseri viventi appare totalmente priva di SdC, mentre quella che genera nuova vita ne è addirittura il paradigma!

Nutrirsi è una gioia autentica, tanto che i latini ne hanno fatta addirittura un’arte, una filosofia. Preparare il cibo e, soprattutto, consumarlo è qualcosa che rende indubbiamente felici. Io stesso amo moltissimo cucinare e, se mantenessi un atteggiamento ingenuo, non potrei pensare a nulla di più lecito e meno compromesso con la colpa del cucinare e del consumare il cibo. Persino in televisione, quando qualche idiota vuol proporre qualcosa di totalmente innocuo e altrettanto attraente, fa/conduce un programma di cucina perché, nonostante il fondamento di tutto ciò sia un atto di morte, non v’è traccia di SdC in quest’attività quotidiana.

Per altro, non credo di dover spiegare ad alcuno quanto e come il sesso sia ancora oggi il luogo nel/sul quale proiettare ogni colpa. Eppure, il suo fondamento è un atto di vita.

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Come detto, la cosa appare paradossale. Eppure, se fate caso, vi renderete conto che esiste una differenza sostanziale fra le due attività. Se, infatti e pur in modo innaturale, il sesso può essere estromesso volontariamente dalla nostra esistenza, lo stesso non può accadere per l’alimentazione. Infatti, l’astinenza sessuale autoimposta nuoce gravemente alla salute mentale delle persone, ma non ne mette in pericolo la vita biologica.

Questo è un fatto enorme che, tra l’altro, Gurdjieff sintetizzò nella frase: “Nell’universo sempre qualcosa mangia e sempre qualcosa è mangiato” a significare che la vita biologica può esistere solamente a scapito di se stessa.

Questo spiega perché il sesso diventa il ricettacolo perfetto per il SdC, mentre l’alimentazione ne è semplicemente estromessa. Perché l’alimentazione sta dentro un ambito esclusivo che deve, per necessità, escludere qualunque tipo di considerazione anche solo teoricamente nociva all’attività stessa.

Che cosa accadrebbe se, in occasione d’ogni pasto, io mi sentissi in colpa per gli esseri viventi che ho sacrificato alle esigenze di quel medesimo pasto? Un disastro, giacché le probabilità di sopravvivenza sarebbero seriamente vulnerate da un tale stato d’animo.

E badate che questo non vale solo per gli animali, bensì anche per i vegetali giacché sono esseri viventi al pari di quelli. In termini assoluti, infatti, non esiste alcuna ragionevole differenza fra nutrirsi di un’insalata o di una bistecca, poiché entrambe le attività richiedono il sacrificio di un altro essere vivente. Ovviamente, non mi addentrerò nel ginepraio delle considerazioni filosofiche che stanno alla base delle diverse diete esistenti, se non per rilevare che le posizioni più intransigenti (come quella vegana, ad esempio) nascono proprio da questo tipo di difficoltà nascosta, da questo problema per il quale non esiste soluzione poiché l’individuo, per sopravvivere, deve nutrirsi di altri esseri viventi.

Quel che farò, invece, è porre l’accento sulle strategie psico-sociologiche adottate dall’uomo per bypassare il problema del SdC scaturente dall’atto del nutrirsi perché, sul punto, le osservazioni sono diverse e variamente interessanti. E, per farlo, ci servono i concetti di Eggregora e di Campo Psichico.

Nota – Si tenga presente che nel momento esatto nel quale il primo gruppo di scimmie bipedi porta dentro di sé le chiavi biologiche (psilocibina), il terzo cervello riceve un impulso formidabile e, come primo atto del suo regno, enfatizza, come mai prima aveva fatto, la paura della morte. Il mito di Adamo ed Eva dice esattamente questo giacché i nostri due eroi, prima della “disobbedienza”, non erano immortali, bensì inconsapevoli della morte stessa. Gli animali, infatti, non sono esenti dalla paura della morte, tuttavia in essi questa paura è latente e affiora solo nei momenti nei quali la vita dell’entità biologica è minacciata in modo diretto, tipicamente dall’attacco di un predatore. Il resto dell’esistenza di un animale a uno o due cervelli scorre inconsapevole rispetto all’idea della morte. Viceversa, nell’uomo e grazie al centro mentale, tale paura diviene ossessiva e, come tale, capace di comporre comportamenti specifici e del tutto peculiari.

L’Eggregora, dunque, è un Campo Psichico specializzato, nel senso che è capace di dotarsi di uno scopo diverso dalla “produzione di consapevolezza” (scopo nativo di ogni singolo CP). Uno scopo qualunque che può andare dalla condivisione di un determinato spazio vitale, alla realizzazione di un fine concreto o, anche, ideale.

Esistono Eggregore d’ogni tipo, create per gli scopi più diversi. Tuttavia e per molte migliaia d’anni, l’Eggregora più importante della società umana è stata la famiglia e, per esteso, il clan. Accanto a questi fondamentali tipi di organizzazioni sociali, ne sono esistite e ne esistono altre che, tuttavia, non prenderemo in considerazione poiché quantitativamente marginali.

Nel tempo attuale, la famiglia nucleare è stata travolta da alcuni eventi che ne hanno vulnerate le basi e ora, questa organizzazione sociale che ha regolato la vita per millenni, sembra dare pesanti segni di cedimento. Questo è un fatto molto importante e che sta generando conseguenze enormi, ma che non tratteremo qui. Tuttavia e almeno sino ai primi del novecento, questa Eggregora ha funzionato nel modo consueto, onorando il suo scopo originario: essere il luogo naturale all’interno del quale soddisfare le pulsioni di sopravvivenza e riproduzione. Per decine di migliaia d’anni la famiglia è stata lo spazio rigoroso dentro il quale consumare cibo e sesso (con la sola eccezione rilevante delle guerre, ma è chiaro che si tratta di eventi eccezionali, ancorché molto precisamente finalizzati).

La famiglia, dunque, è stata lo spazio nel quale l’umanità ha coltivato, accarezzato, masturbato il proprio sonno, l’ambito privato ed esclusivo nel quale ha consumato quotidianamente il cibo, il sesso, la violenza, la dolcezza, la sofferenza, la speranza, la disperazione. In una parola: la vita. Ovviamente, a noi interessano le prime due voci giacché e come detto, siccome bisogni primari, sono gli aspetti immediatamente a ridosso del SdC originario e, per questo, quelli nei quali esso si confonde.

L’alimentazione, dunque, è l’atto attorno al quale e in alcuni casi (bacino del Mediterraneo, Giappone, Cina) è edificato un imponente e solidissimo impianto normativo, agito attraverso una ritualizzazione stretta che sacralizza l’atto del nutrirsi. Ovviamente, sono date differenze anche molto consistenti con riferimento alle diverse culture, ma quel che resta costante è il dato che riunisce la famiglia attorno al desco, conferendo all’evento un significato gioioso e, nello stesso tempo, sacro.

Questo è molto interessante, poiché coinvolge due “tecniche” psicologiche note: la rimozione e la trasformazione di un contenuto conscio. Accade, infatti, che il gruppo da una parte rimuova il SdC (che insorge per il solo fatto di nutrirsi di altri esseri, sino a poco prima, viventi), mentre dall’altra lo trasforma in qualcosa di diverso. Ecco il trucco: la parte di SdC che non può essere negata, è trasformata dalla sacralità e dalla bellezza di ciò che si sta agendo. Stiamo sostentando la vita e nulla può essere più importante e sacro e bello di questo (nonostante, per farlo, abbiamo ucciso la vita).

E’ chiaro, poi, che tale idea non può che trovare un rinforzo formidabile proprio nelle dinamiche in atto nella famiglia nucleare. Se non ci sono figli, arriveranno (siamo qui per questo, sembra dire la giovane coppia mentre si scambia uno sguardo complice). Se ci sono, saranno i loro sguardi, la loro semplice presenza o le loro grida a esaltare il senso di gioiosa sacralità che è vissuto intorno al desco.

Con ciò, il SdC diventa qualcosa d’altro e la consapevolezza di nutrirsi di altri esseri viventi è celata. Di più, qualora essa faccia capolino (cosa inevitabile, soprattutto nei più piccoli), i membri più estroversi della famiglia saranno pronti a mettere in campo un pizzico di ferocia con frasi del tipo: “Amo gli uccellini, ne mangerei venti!”, “Ti ricordi il nonno che gli sparava con il suo fucile?”, “Mangia che diventi grande e forte come il papà”. E giù a ridere tutti.

Questa è stregoneria, eh … emotic02… laddove per stregoneria s’intenda manipolazione della percezione, ovviamente. A ogni buon conto, ciò che accade è, in termini assai concreti, un aggiustamento ipocrita del flusso percettivo di ciascun partecipante al desco tramite rimozione/trasformazione del SdC derivante dalla natura ferina dell’atto che si sta consumando.

Attenzione, perché questo è un doppio inganno. Si tratta, infatti, di una rappresentazione teatrale la quale ha come solo scopo quello di dimenticare la natura originaria del SdC, giacché se la ricordassimo, dovremmo accettare il fatto d’essere puro potere in atto (ossia, i veri creatori di quanto ci circonda). Tuttavia, è proprio la natura impermanente del corpo e, quindi, la presenza della morte che ci offre questo destro magnifico perché il rettile è in allerta costante: “per favore, poche chiacchiere, io devo sopravvivere!” … un concetto semplice che, da solo, è sufficiente a cassare qualunque considerazione contraria, salvando l’io osservatore da considerazioni troppo scomode e che, infine, porterebbero la specie all’estinzione.

Vediamo ora come stanno le cose per il sesso. Altra attività che per millenni s’è svolta rigorosamente dentro l’ambito familiare. Ci sono state eccezioni, ovviamente, ma sono sempre state trattate duramente e a ogni latitudine.

Come detto, il sesso non è indispensabile alla vita e proprio questo fatto l’ha reso il candidato ideale per fare ciò che c’interessa di più: dimenticare chi siamo in realtà.

Il sesso è potente, bello, divertente, capace di spostare la nostra percezione come nessun’altra cosa al mondo (a parte le chiavi biologiche, ma queste sono state vietate … chissà perché) e grazie a esso il rettile si può illudere di continuare ad esistere attraverso i propri figli.

Potere in atto, dunque, teoricamente fruibile per qualunque cosa. Un pericolo assoluto? Sì, anche se, con ogni probabilità, questo è particolarmente vero in epoca post-diluviana. Se, infatti, poniamo la nascita della consapevolezza (mito di Eva) a circa 35/40 mila anni fa, è verosimile che, soprattutto agli inizi e almeno sino al diluvio (5600 a. c. circa), l’umanità non avesse un super-io razziale granché sviluppato. Altresì, è verosimile supporre che tale super-io, del tutto assente all’inizio, sia cresciuto in modo veramente lento (e fors’anche bizzarro) per diverse migliaia d’anni e che solo in epoca post-diluviana abbia iniziato a comporsi come lo conosciamo ora e a incidere in modo visibile sulla storia dell’uomo (non a caso, da quell’epoca in avanti si parla di protostoria e storia e non più di preistoria).

In any way, sono persuaso che i meccanismi qui descritti siano scattati immediatamente dopo l’assunzione delle chiavi biologiche. E’ in quell’istante che la coscienza, venuta a contatto con il fulgore della consapevolezza, crea “dio” e aggancia, direttamente al cervello rettile, il SdC primigenio (venuto improvvisamente in luce). Anzi, è proprio il rettile che fa ciò perché, come la consapevolezza divampa nell’individuo, questi diviene all’istante conscio del fatto che deve morire.

A questo punto, il sesso conquista, proprio per la sua natura non cogente, la palma di candidato ideale a capro espiatorio e, verosimilmente, da subito diviene motore di una profonda morbosità la quale, a sua volta, spinge l’individuo sempre più profondamente nel “sonno“. Sarebbe incauto, data la mancanza di notizie (anche se non totale), disegnare uno scenario sensato rispetto all’intero periodo pre-diluviano, anche se pare verosimile l’esistenza di una società matriarcale (se è vero che la prima chiave biologica è stata trovata da una femmina, non stupisce che l’intera storia successiva possa essere stata fatta dalle donne).

Tuttavia sappiamo bene cosa è accaduto dopo. Grazie ad un super-io razziale, probabilmente resettato dal diluvio in senso maschile, la storia è quella che conosciamo. Una storia dominata dalla paura e dal desiderio che la sessualità ha continuato a indurre nell’umanità. Un autentico “trappolone” auto escogitato, tenuto in piedi con una solerzia fenomenale che, spesso, si trasforma in repressione feroce e tutto ciò sin dalla descrizione del mito che, a questo proposito, appare realmente illuminante.

Il mito descriverebbe una femmina, probabilmente di Homo Sapiens, che ingoia dei carpofori psicoattivi (chiavi biologiche).

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Psilocybe semilanceata (Europa)
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Psilocybe cubensis (Africa)

Eva mangia il frutto proibito su istigazione del serpente. Il serpente è Rosso, la parte prometeica di noi che la spinge a usare la chiave biologica che farà esplodere una luce abbagliante nel suo cervello e la farà tornare dal suo clan per condividere quella scoperta meravigliosa e atterrente (istinto gregario).

Quel che accade dopo l’ho descritto. Tuttavia, ciò che chiarisce il meccanismo è la forma con la quale il mito è reso in Genesi e, in particolare, la rappresentazione della “disobbedienza” di Eva.

3.2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare,

3.3 ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».

3.4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto!

3.5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».

3.6 Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

3.7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Questo è davvero interessante perché descrive un autentico processo conoscitivo. Descrive la spinta di Rosso che riesce a muovere l’intuizione della femmina di Sapiens: “Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”.

Ovviamente, il concetto di “dio” appartiene solo all’autore di Genesi il quale, tuttavia, rende perfettamente la potenza dell’azione di Rosso che spinge la femmina oltre i propri, apparenti limiti. La spinge a fare qualcosa di azzardato. Qualcosa che potrebbe ucciderla perché nessuno ha mai mangiato quei funghi prima. E’ evidente che, in tali circostanze, il controllo del rettile è del tutto escluso perché qualcosa dentro l’individuo (Rosso, appunto) compie una fuga in avanti capace di trascinare tutta la persona, a prescindere da qualunque altra valutazione.

A parte queste considerazioni, Genesi 3.7 risolve il tutto: si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi. Lo spostamento del SdC sulla sessualità avviene all’istante! L’intero clan parte per un viaggio psichedelico che dura mediamente 3 o 4 ore e durante il quale ciascuno vede se stesso come non si era mai visto prima. Vede e comprende, soprattutto nella prima parte del trip, da dove viene e perché è qui e, specialmente, ha un’inequivocabile visione della vera natura del SdC (si aprirono gli occhi).

Per fortuna (o sfortuna), però, la potenza della psilocibina scema velocemente e, dopo la prima ora, l’intero clan si ritrova, per usare un linguaggio psichedelico, “in discesa”. Ed è qui che Mente si terrorizza e decide in modo fulmineo di intervenire per “rimettere a posto le cose”. Come? Esclusa l’alimentazione per le motivazioni dette sopra, resta la sessualità … si accorsero di essere nudi.

Fine della storia.emotic09

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