Acqua

Ti ricordi, era la fine di Agosto 2016, e l’annus horribilis stava per terminare, anche se tu non ne eri pienamente cosciente. Ci mancava il terremoto a darti il colpo di grazia. Il tuo avversario ti aveva messo alla prova e da un anno ti provocava: avevi da poco terminato il tuo addestramento e ripreso le redini (più o meno) della tua vita sul Filo.

La strega era riuscita a farti tornare in contatto con le tue emozioni e, da un anno, K, il tuo sfidante personale, continuava a spremerti e strizzarti come un pedalino appena uscito dalla lavatrice. Voleva continuare a controllare le tue emozioni, ti aveva chiuso in una gabbia ma ora avevi trovato il coraggio di urlare e fuggire: tu dovevi tornare ad essere il padrone assoluto delle tue emozioni, non dovevi rimanere preda del senso di colpa suscitato da genitori (vivi e morti), orfani, deboli, migranti, venditori ambulanti, negri, poveri, bisognosi, amici incapaci di vivere senza di te.

Riconnetterti alle tue emozioni equivaleva innanzitutto a togliere il tappo che ti impediva di provarle, e dunque sturare e sgorgare quella che, in quel momento, era diventata una fogna da depurare, il tuo centro emotivo.

A furia di sputare sangue, cominciasti così a spurgare le acque. E infatti, da quando avevi portato a termine l’addestramento, a Roma e nelle Marche, i posti in cui sei cresciuto, ne erano successe di inondazioni, temporali, alluvioni.

Una volta, durante l’addestramento ti trovasti a scrivere:

“Per anni ho chiuso il rubinetto. sempre con la solita “scusa” di aver capito che l’inaccessibilità del guerriero fosse appunto il non provare nulla, non assorbire. In realtà si tratta di vivere le emozioni, giocarci e danzarci ma non farsene schiavo. Anzi saper rispondere all’arrivo delle emozioni, e soprattutto non aver paura di provare e far vivere emozioni, descrivendo quello che si sta vivendo agli altri, in maniera semplice e lineare. Questo sconfigge anche la paura del giudizio. Essere inaccessibili sembra dunque rivolgersi non più alle emozioni, ma alla paura che queste generano nei loro aspetti “negativi”, nel loro farsi morbose, nell’attaccamento che generano verso cose e persone.”

Ma torniamo ad agosto, a quando tirasti la zampata sul lucchetto che chiudeva la tua gabbia e la smettesti di essere indulgente con tutti. Ora l’acqua era tua e potevi incanalarla dove meglio credevi. Non a caso, ti trasformasti per qualche settimana in un idraulico. Infatti, siccome la Realtà supera spesso l’immaginazione, e la vita ti diede occasione di lavorare anche in maniera pratica: così come avresti imparato sulla tua pelle a costruire il tuo lavandino e riparare lo sciacquone del tuo bagno, a mani nude, così dovevi lavorare sul rimettere in sesto il tuo rapporto con le emozioni.

Anche i tuoi sogni erano pieni di riferimenti all’acqua e compagnia bella: fonti,  bottiglie di dissetante acqua verde, blu, frizzantina. Perchè da sempre l’acqua, così ti aveva insegnato il vecchio, rappresentava l’Emozione, con la E maiuscola. Non a caso un cane, ma anche tu o una donna, quando provate una forte emozione, vi bagnate.

Ecco dunque che durante il tuo terremoto emotivo, che coincise non a caso con il terremoto d’agosto, iniziasti a riprendere potere con un atto stregonesco quasi involontario (ma non prenderti in giro, sapevi cosa stavi facendo!), ovvero lavorare sulle tubature di casa perché solo tu dovevi permettere all’acqua di entrare (operando sui tubi del lavandino della cucina, sull’impianto di carico e scarico di lavatrice e lavastoviglie) e uscire (lavorando sullo sciacquone incrostato di calcare che non permetteva al tuo scarico di operare e dunque portare via la merda da dentro di te, ops … da dentro casa).

L’acqua purifica, l’acqua lava, l’acqua disseta, l’acqua dà speranza. L’acqua è emozione non da poco, l’acqua spegne il fuoco. Cosa significa trovare tutta quest’acqua in sogno? Ognuno di noi ha avuto a che fare, durante il sonno, con isole, diluvi, piogge, bottiglie di acqua, fiumi, oceani, acque mosse.

kkann

Kkann è l’Abissale. Kkann è l’acqua. L’uomo si trova nel pericolo come l’acqua sta in mezzo all’abisso.

L’acqua scorre e non si accumula in nessun luogo. Passa per posti pericolosi e non perde la sua fidatezza.

L’acqua non rifugge da alcun abisso perché si lascia semplicemente cadere, senza opporre alcuna resistenza. In questo modo, essa esce vittoriosa da ogni pericolo, semplicemente perché è verace e intimamente impeccabile (I King, Sentenza).

Avevo venticinque anni quando incappai nell’I King, il Libro di Mutamenti e ne fui folgorato. La profonda, incredibile conoscenza espressa da quel testo mi stupì perché, nonostante fosse espressione di una cultura lontana da me anni luce, avevo l’impressione di comprenderlo profondamente. Ovviamente mi servirono anni per squadernare quel capolavoro analogico, portandolo sul piano logico. Tuttavia, già a quel tempo, quel testo mi emozionò come nulla di ciò che, sino ad allora, avevo trovato nella produzione sia scientifica, sia letteraria occidentale.

Conoscenza emotiva, analogica, era questa la chiave. Ossia un’informazione che arriva come un tutto unico, inestricabile e, tuttavia, potentemente significativo. Qualcosa che parla ai tre centri contemporaneamente e che costringe il cervello logico ai salti mortali nel tentativo, spesso goffo e inconcludente, di “spiegare” quella cosa misteriosa. Concetto, questo, portato alle sue estreme conseguenze dallo Zen con la pratica del kōan del quale Hakuin Ekaku (白隠慧鶴), monaco buddhista e maestro di Zen giapponese, disse:

Se intraprendete lo studio di un kōan e vi ci dedicate senza interrompervi, scompariranno i vostri pensieri e svaniranno i bisogni dell’io. Un abisso privo di fondo vi si aprirà davanti e nessun appiglio sarà a portata della vostra mano e su nessun appoggio si potrà posare il vostro piede. La morte vi è di fronte mentre il vostro cuore è incendiato. Allora, improvvisamente sarete una sola cosa con il kōan e il corpo-mente si separerà. Ciò è vedere la propria natura.

Affermo che a ciò si giunge attraverso la conoscenza di Kkann, l’Abissale. Conoscenza che è possibile solo tramite l’imitazione perché imitare l’acqua significa diventare come essa è. Tuttavia, per fare questo, è necessario anzitutto vedere e accettare che tutto ciò che siamo e che pensiamo di sapere è sbagliato e va distrutto. L’acqua è informazione emotiva e, come tale, può essere conosciuta solo attraverso un processo analogico il quale, a sua volta, è agibile peculiarmente attraverso l’imitazione. Questo perché l’imitazione è danza e, come tale, coinvolge l’intera totalità psichica nel processo conoscitivo.

Il problema è che noi viviamo costantemente scudati rispetto al pericolo determinato dalle nostre emozioni, giacché ne abbiamo terrore. Questo fa sì che il nostro procedere sia sempre impacciato, meccanico, mai fluido e danzante. Saltiamo da un sasso all’altro, dominati dalla paura dell’abisso emotivo che sta sotto di noi e questo conferisce al nostro procedere una dinamica, nel migliore dei casi, claudicante. Ci hanno insegnato a essere logici, conseguenti e questo ci ha reso goffi e pesanti, inadatti alla danza che, invece, richiede fluidità e leggerezza.

La paura ci inchioda, rendendoci incapaci di saltare nell’abisso che le nostre emozioni aprono in noi ogni qualvolta erompono nel nostro centro emozionale (sistema limbico). Per questo, quando cadiamo per noi è sempre un dramma perché, ogni volta, rotoliamo rovinosamente, convinti come siamo d’essere in atto di vivere una tragedia. Se ci comportassimo come Kkann, ci basterebbe mantenere la veracità del cuore per trasformare la caduta in un volo potente ed elegante.

Solo i bambini danzano, perché sono come l’acqua. Non temono alcunché e ciò perché la strega cattiva (il rettile, con le sue pulsioni riproduttive), ancora non ha toccato Biancaneve (la loro pineale). Tuttavia, il loro essere acqua è solamente un’illusione destinata a finire, perché la terra chiama e presto si troveranno a fare i conti con il veleno della strega (i neuro-peptidi). A quel punto, l’acqua si trasformerà in terra e, da quell’istante, il bambino non sarà più tale. A quel punto, solo calcolo e desiderio troveranno spazio nell’individuo il quale comincerà a zoppicare sempre più vistosamente sino a che, in età adulta, sarà quasi del tutto paralizzato e di fronte all’inconsueto cercherà di fuggire in preda al terrore.

L’acqua è l’emozione che rende la percezione libera e potente. Perciò, tornare liquidi, facendo a pezzi le macchine neurali, è l’unica cosa sensata che possiamo fare, se vogliamo avere una reale speranza d’immortalità.

Una volta che riusciamo a fare questo, è un attimo trasformare l’acqua in vino e uscire dalle vecchie giare per festeggiare le nozze alchemiche. L’acqua passa per il cuore e diventa potere puro. L’emozione ci trasporta in un’altra percezione, come il vino ci mette in contatto con il dionisiaco, ci rende rossi e infuocati. Ma questa è un’altra storia…

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Una risposta a “Acqua”

  1. […] Il viaggio della coscienza non può proseguire verso l’alto, senza prima fare a pezzi le false personalità (arpie-scimmia) e i parassiti, primo fra tutti la malvagia strega dell’ovest, che si liquefa al contatto con l’acqua (Dorothy ha imparato a gestire le emozioni, vedi articolo sull’Acqua). […]

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