La Chiusura del Cerchio

L’argomento che intendo esporre è già stato parzialmente trattato nell’articolo dal titolo Eros e Thanatos, laddove ho descritto la morte dell’organismo biologico come l’effetto della danza di Rosso. Qui, vorrei approfondire alcuni aspetti della morte, fornendo al lettore una visione inedita e realmente sovversiva di questo elemento.

Diversi anni fa, ero nella stanza di mia madre, quando morì, dopo un’agonia di mesi. Morì di cachessia neoplastica, in altre parole la vidi spegnersi un po’ alla volta, allungando le apnee fra un’inspirazione e l’altra in modo sempre più marcato e riducendo le inspirazioni stesse a rantoli lievi e sempre più corti. Eravamo solo noi due. Così quando mi partorì, così quando morì.

Si era ammalata tre anni prima per un cancro alle ovaie che scoprimmo solo quando era diventato un mostro di oltre quattro chilogrammi, una sorta d’oggetto alieno che le aveva invaso l’intero bacino e che aveva indotto il chirurgo a praticarle, dopo l’asportazione del tumore, una deviazione intestinale, oltre all’apposizione di un catetere per via dello schiacciamento, in apparenza irrimediabile, di entrambi gli ureteri.

Nonostante ciò, mia madre riuscì ad avere per tre anni un discreta qualità di vita. Riuscì persino, a dispetto dell’attonita incredulità dell’urologo, a ritrovare la capacità di mingere senza l’ausilio del catetere. Questo sino a quando, giusto tre anni più tardi, non morì mio padre. A quel punto, la forza che sembrava averla sino a lì sostenuta, scomparve e, in capo a dieci mesi, seppellimmo anche lei.

Ho voluto condividere questo pezzo di vita perché in quell’occasione riuscii a vedere senza alcun equivoco un fatto che potrebbe apparire banale, tanto lo diamo per scontato: quella donna non voleva morire, al punto da combattere la morte sino all’ultimo rantolo di vita. Fu l’ultimo dono di una donna a suo figlio. Un dono prezioso, in realtà, giacché mi mostrò, con la ferocia e la spietatezza che solo la morte può avere, ciò che ogni individuo fa quando Rosso dà inizio alla sua danza. In altre parole, quando la morte prende a bussare alla sua porta.

Dopo quell’episodio, ebbi modo di assistere altri morenti riuscendo, in ciascuna di quelle occasioni, a scorgere con chiarezza il medesimo pattern reso dalla paura della morte e dalle dinamiche che questa, inevitabilmente, innesca.

La Morte

Se l’orgasmo è la danza del drago bianco (Latone), la morte lo è del drago rosso (Rosso). Di seguito un frammento tratto da Eros e Thanatos:

Il punto, infatti, sta nella logica che governa tale sistema perché, essendo i draghi antitetici, ciascuno agisce come limitatore dell’altro. Se uno scompare, l’altro esplode e se quando è Rosso a scomparire l’epilogo è l’orgasmo, quando scompare Latone, la conseguenza è la morte.

Attenzione, perché anche qui le macchine neurali (golem) hanno un gioco importantissimo giacché determinano, nel primo caso, l’erotismo e l’amplesso che condurrà all’orgasmo. Nel secondo, la malattia che porterà l’organismo alla morte biologica. In assenza di macchine, infatti, l’orgasmo o la morte sono fatti immediati e questo dice molto sulla dinamica sottesa, ossia suggerisce che i momenti di purezza nell’azione dei draghi sono brevissimi e sono raggiunti faticosamente. Sia nell’amplesso, sia nella malattia, infatti, è come se fosse in atto una potente azione auto ipnotica la quale si propaga più o meno velocemente all’intero universo golemico, piegandolo così al fine desiderato: orgasmo o morte che sia.

Quel che il frammento vuole rappresentare è proprio la dinamica innescata dalla danza di Rosso ed è partendo da questa che cercherò di descrivere l’intero meccanismo.

Lo schema di riferimento è il medesimo già proposto nell’articolo linkato. La sola differenza è che funziona al contrario.

Ipnosi golemica 1
Figura 1: Ipnosi golemica e danza di Rosso

L’ultimo riquadro in Figura 1 rappresenta la morte, ossia la danza di Rosso. Si tratta dell’epilogo di un processo idealmente immediato e che, tuttavia e in un rilevante numero di casi, avviene diluito nel tempo per effetto dell’azione interferente dell’Ego. Nello specifico, si parte da una configurazione del tutto casuale e relativa a un certo individuo (che chiameremo Tizio, un maschio di quarant’anni, in salute) per giungere, attraverso l’accensione (mode on) progressiva dei golem presenti, sino all’ultimo stadio nel quale tutti i golem sono accesi e il corpo fisico di Tizio muore.

Ebbene, ciò che sempre accade è che il singolo individuo, per motivi legati al suo vissuto, decide di premere il pulsante di autodistruzione, ossia d’innescare il processo che lo porterà inevitabilmente alla danza del drago rosso. In proposito, si tenga presente quanto segue:

  • Ciascuno di noi ha accesso a quel pulsante;
  • Ciascuno di noi sa (almeno con una parte di sé) che premerlo significa scatenare la danza del drago rosso, ossia il processo che porta alla morte del corpo fisico;
  • Ciò che induce gli individui a farlo è, quasi sempre, il senso di colpa per una o più storie di vita.

Anna e Monica, entrambe madri, si sono improvvisamente ammalate di cancro. La prima e per l’effetto di talune scelte educative sbagliate, si sente in colpa per aver fallito con il primogenito, brillante ragazzino che, tuttavia, all’età di 25 anni si ritrova a perdere le sue giornate nel bar del quartiere. La seconda, nutre la medesima, lacerante colpa per avere lasciato la madre morire sola in un ospizio.

La prima sa d’essere stata il motivo profondo del disastro che sta caratterizzando la vita del figlio. La seconda non si perdona quel gesto ed entrambe hanno deciso, in un impeto di autocommiserazione, di farla finita perché pensano di meritarlo … perché è giusto così, si dicono.

Tuttavia, è noto come le vie dell’inferno siano lastricate di buone intenzioni, perciò, un attimo dopo aver premuto il pulsante fatale (decisione ovviamente inconscia, anche se si concreta nella formulazione di un intento preciso), l’ego delle due donne si ribella. E, così, accade che entrambe comincino a non stare bene al punto che, qualche settimana dopo, tornano a casa con la diagnosi funesta di un cancro che le ha attaccate da qualche parte.

La parte consapevole delle due donne non comprende cosa sta accadendo. Si fanno domande, certo, ma mai quelle giuste (viceversa, comporterebbe prendere coscienza di cose che vogliono dimenticare). E allora iniziano a lottare per sopravvivere. Per vincere la malattia! Durante il periodo di chemioterapia, le due donne escono di casa per brevi passeggiate durante le quali incontrano conoscenti ai quali raccontano la terribile avventura che stanno vivendo. Non si avvedono nemmeno per un istante che stanno lottando contro la morte che loro stesse hanno invocato premendo quel pulsante.

Sì, perché nell’istante immediatamente successivo al momento nel quale quel pulsante è stato premuto, l’intero parco golemico ha preso a lottare con tutto se stesso per impedire l’accensione totale delle sue singoli componenti. Ora, può accadere che, in un numero assai limitato di casi, una tale manovra abbia successo e che l’individuo esca davvero dal disastro da esso stesso scatenato (salvo rientrarvi anni dopo, ancorché per motivi diversi). Tuttavia, per la quasi totalità dei casi, la morte interviene nel giro di un tempo che varia secondo la capacità del singolo individuo di sostenere la sofferenza la quale, infine, fornisce la misura precisa di quanto costui tema la propria morte.

Ovviamente, non tutti i viventi muoiono di cancro. Esistono le morti improvvise che, a prescindere dalla causa specifica, ci parlano di soggetti che detestano la sofferenza a tal punto da scegliere di morire all’istante. Può essere un infarto, un incidente stradale o la bomba di un terrorista. Doesn’t matter, poiché il pulsante di autodistruzione è stato premuto e nulla potrà tenere ancora in vita quell’individuo.

Ciononostante, anche per costoro, la problematica innescata dall’accensione di tutti i golem è la stessa: l’interferenza dell’Ego la quale spiega il suo più ferale effetto proprio in costanza della danza di Rosso. Ciò che, infatti, dovrebbe essere ben chiaro è che, nel momento nel quale Rosso accende tutti i golem, per l’individuo si apre la sola, autentica opportunità di vincere la morte.

L’Ego e il Doppio Immortale

Perché Rosso scatena la sua danza? E perché una sola volta nella vita della persona? Come ho già accennato in Eros e Tahantos, il motivo sta anzitutto nell’obbiettivo a lungo termine (proprio della Coscienza Creatrice) di trovare un modo per risolvere la Danza Folle. L’altro motivo, invece, risiede nel fatto che un tale obbiettivo può essere perseguito e (forse) raggiunto solo in presenza di determinate condizioni. E una di queste è portare la parte immortale (che esiste in noi) nella condizione di restare indefinitamente nella Dualità. Cosa che si può fare solamente tramite la costruzione di un Doppio Immortale, ossia tramite l’unione della suddetta parte immortale con ciò che è custodito nella nostra chiocciola mnestica (o nell’outer brain, che dir si voglia): i ricordi di vita, la nostra consapevolezza.

Così, alla fine dell’esistenza di ciascun individuo, Rosso compie impeccabilmente la sua danza, accendendo tutti i golem e offrendo, in questo modo, la possibilità reale all’Io Osservatore (IO) di realizzare l’unione descritta. Il problema è che ciò non avviene mai a motivo dell’interferenza egoica. Ogni individuo, infatti e a prescindere dal modo che ha scelto per morire, è imprigionato in una rete vastissima di macchine neurali la somma delle quali dà vita al suo Ego. E, per l’Ego, gigantesca macchina interamente costruita intorno alla Direttiva Primaria (l’imperativo a sopravvivere), l’idea della morte è un’evenienza semplicemente inaccettabile.

Il fatto rilevante è che, al momento della morte, ogni individuo è un tale groviglio di paure, convinzioni, fissazioni, emozioni non risolte, attaccamenti esacerbanti, rimpianti dolorosi e devastanti sensi di colpa che, tutti insieme, formano un individuo grosso, nero e molto, molto cattivo (ciò sulla scorta del principio universale che il tutto è sempre maggiore della somma delle sue parti).

Sto parlando di ciò che E. J. Gold ha definito come Cronico o Coccodrillo, ossia l’espressione complessa di tutte le macchine neurali che siamo andati creando durante l’esistenza. Ecco, costui, se non destrutturato per tempo, renderà impossibile l’unione della parte immortale con quella mnestica non permettendo all’Io Osservatore di rendersi conto del fatto che l’unica cosa da fare nel momento della morte è lasciare che accada, immergendosi totalmente nella danza del drago rosso. È questo, infatti, il solo modo per permettere alla parte immortale di portare a compimento l’unione, realizzando il Doppio Immortale.

Per consentire all’IO di immergersi nella danza di Rosso, quindi, la sola cosa necessaria è la fluidità estrema del nostro internal brain, ossia quella libertà sinaptica che nella narrazione castanediana prende il nome di Libertà Totale. Uno stato dell’essere nel quale gli attaccamenti, le paure e i sensi di colpa non ci sono più semplicemente perché sono stati spazzati via durante questa esistenza (per come farlo, si veda l’Arte dell’Agguato).

Questo è il solo modo per gestire il terrore dell’Ego di fronte alla morte. Viceversa, non esiste alcuna possibilità di vincere quella paura, con la conseguenza che l’IO non riuscirà a immergersi nel flusso dell’unione in atto.

La morte è danza e danzare con essa è l’unico modo per divenire immortali giacché la danza di Rosso è ciò che in alchimia è conosciuto come divina sizigia, dal greco syzygía (συζυγíα), ossia unione o congiunzione dei contrari. Un’unione simboleggiata in alchimia dallo Ierogamos o matrimonio sacro di Sole e Luna.

Ora e di là del linguaggio ermetico proprio degli alchimisti, ciò che deve essere chiaro è che tale unione avviene sempre al momento della morte dell’organismo biologico, essendo proprio l’effetto della danza di Rosso. Questo significa che la parte animica ingloberà in ogni caso la parte mnestica del burattino, a prescindere dal comportamento dell’Io Osservatore.

La differenza è che, nel caso di un IO compromesso da un Ego ipertrofico e, quindi, incapace del distacco e della fluidità necessarie, la sizigia sarà descrivibile come atto della sola parte animica che si nutre della consapevolezza del burattino. Viceversa, nel caso di un Ego ridotto ai minimi termini e di un IO fluido e distaccato, la sizigia sarà descrivibile come unione di Sole (anima) e Luna (consapevolezza) con istantanea creazione di un Doppio capace di esistere indefinitamente (e con lo scopo dichiarato di voler risolvere la Danza Folle).

Infine, la differenza sta tutta nella consapevolezza dell’IO di avere la medesima dignità del “mostro” che, durante la danza di Rosso, sembra volerlo divorare. E per poter sostenere una simile consapevolezza è necessario vincere la paura che promana in continuazione dall’Ego, a prescindere da quanto possa sembrare piccolo e innocuo.

A questo serve la vita umana, a portare l’IO dentro l’abitudine profonda a vincere la paura, da qualsiasi fonte possa provenire. Paradossalmente, a strutturare una macchina (golem) specializzata a vincere la paura!

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