Anima

Premessa

È giunto il tempo di affrontare in modo diretto l’argomento più difficile e, senza dubbio, più pericoloso in assoluto, ossia il rapporto del singolo individuo con la sua Parte Immortale. Cercherò di farlo, per quanto possibile, senza ambiguità e senza sottacere alcunché rispetto a ciò che è stata la mia esperienza durante i molti anni del confronto con essa.

Tuttavia, devo avvertire il lettore che ciò che mi accingo a scrivere potrebbe non piacere per nulla. Vi sono, infatti, taluni tópoi (nel senso di luoghi comuni) che farò semplicemente a pezzi, nonostante il radicamento profondo che hanno in ciascuno di noi. Mi riferisco a meccanismi di vario tipo, da quelli che vorrebbero attribuire a tale parte un genere femminile piuttosto che maschile, a quelli che proiettano su quest’oggetto contenuti che non gli appartengono affatto quali l’amore, la fratellanza, la gioia, piuttosto che la colpa, il bisogno d’espiazione o di apprendimento.

Per il caso della caratterizzazione di genere, in effetti e almeno nelle lingue romanze (con la sola eccezione del rumeno), la cosa sembrerebbe inevitabile poiché si tratta di sistemi bipartiti fondati sull’opposizione maschile/femminile e nei quali il genere neutro è scomparso definitivamente (nelle lingue indoeuropee il genere neutro compare nel tedesco e nelle lingue slave). Il lettore, quindi, non si spaventi se in questa sede userò diverse definizioni, formulate perlopiù in base al contesto della frase, al fine di risolvere un riferimento a un oggetto che, come vedremo, non è il alcun modo definibile (se non a un prezzo altissimo). In ogni caso, nell’articolo le definizioni: Parte Immortale, Parte Animica e Gregge Monadico sono da considerarsi sinonimi ancorché, come detto, usati in contesti diversi. La prima indica tale parte in modo generico, la seconda è usata qualora si descrivano sue interazioni specifiche e la terza funziona per descrivere talune dinamiche interne (le pochissime che possiamo ipotizzare dal nostro punto di osservazione).

Riguardo, poi, al meccanismo proiettivo, vedremo come questo sia un’autentica fonte di follia e di come riesca, nel volger di un solo pensiero, a creare autentici mostri.

So,let’s go.

Il Sistema

L’essere umano è efficacemente descrivibile come un incidente semantico che scaturisce da un rapporto di simbiosi mutualistica fra una parte immortale (le monadi) e una mortale (il supporto biologico) – AnotherDay, Another Chance.

Ebbene, l’essere umano concreta un sistema molto scrupolosamente progettato e altrettanto precisamente finalizzato. Tale sistema è costituito da due parti: una parte mortale detta Burattino e una immortale che, per semplicità, chiameremo Parte Animica.

Entrambe queste parti interagiscono, perlopiù indirettamente, durante l’intera esistenza in vita tramite la presenza interferente chiamata K, ma anche in modo diretto (anche se in un numero di individui piuttosto limitato, rispetto alla massa dei viventi).

La parte mortale è stata ampiamente descritta nell’Arte dell’Agguato. Tuttavia, tornerò brevemente su alcuni concetti perché ci servono per comprendere il rapporto fra il Burattino e la Parte Animica. Lo schema che intendo ripresentare è la c.d. architettura a tre livelli. Tale schema è stato usato nell’articolo linkato per spiegare il funzionamento della rete neurale. Tuttavia, considerando l’intero corpo fisico (soma) una semplice estensione di tale architettura, nonché privilegiando una lettura olistica della macchina-uomo, appare lecito considerare lo schema in figura 1 come l’immagine semplificata di ciò che ho chiamato Burattino.

Architettura a tre livelli
FIgura 1: Architettura a tre livelli

Come detto, tale architettura permette sostanzialmente l’accumulo nell’outer brain delle esperienze di vita sotto forma di ricordi. Un patrimonio che, nel suo insieme, concreta il frutto più alto e autentico dell’esperienza umana: la consapevolezza.

Si osservi, ora, lo schema in Figura 2. Rappresenta ciò che chiamo l’Esperimento, ossia l’insieme delle parti immortale (la sfera contrassegnata da un “?”) e mortale (tutto il resto, ossia il Burattino) dell’essere umano, nonché gli scambi psicodinamici fra queste.

Parte Immortale e Parte Mortale
Figura 2: L’Esperimento (interazione schematica fra Parte Animica e sistema a tre livelli)

In specifico, si consideri quanto segue.

  • IO – È l’Io Osservatore (laUser Interface), ossia la maschera che ciascuno di noi indossa quando si relazione con l’esterno. L’Io Osservatore è l’apparente sede della Coscienza, il luogo nel quale ci troviamo durante il periodo di veglia. L’importanza di questo elemento ai fini dell’unione con la Parte Animica è enfatizzata nell’articolo La Chiusura del Cerchio.
  • Ego – È l’internal brain, il cervello fisico, sede di tutti i golem, ossia le funzioni o macchine neurali tramite le quali l’IO ha accesso alla memoria.
  • – È l’outer brain, ossia la sede della memoria e, quindi, della consapevolezza, nonché il vero target della Parte Animica. In base a tale schema, quindi, il Sé è anche definibile come Doppio Mnestico, elemento mai toccato dall’attività della Parte Animica. La consapevolezza, infatti, è il frutto della sola e genuina esperienza di dolore dell’IO durante l’intera vita biologica.
  • K – È il servo della Parte Animica per la quale svolge il compito specifico di portare l’IO dentro la sofferenza. Per una migliore comprensione di questo elemento, si vedano gli articoli: K, Intervista a K e AnotherDay, Another Chance.
  • ? – È la Parte Immortale che cercherò di illustrare fra poco. Per ora, basti sapere che:
    • Si nutre della consapevolezza distillata dal Burattino durante l’esistenza in vita;
    • In taluni casi, ha come scopo l’unione fra se stessa e il Doppio Mnestico per la realizzazione di un Doppio Immortale;
    • In entrambi i casi, il suo unico target è il Sé e ciò che determina la prima o la seconda eventualità è la specifica dotazione monadica dell’Esperimento.

Ora, ai fini della comprensione psicodinamica del rapporto fra Burattino e Parte Animica, è anzitutto opportuno considerare l’Io Osservatore (IO) come un componente costantemente identificato con l’Ego. In altre parole, se è vero che fra Ego e IO esiste una differenza reale, questa è, almeno apparentemente, annullata dalla identificazione in atto fra queste due istanze, ossia da ciò che altrove ho definito sonno fattuale a seguito del quale queste due componenti appaiono reciprocamente identificate (come vedremo, questa cosa è particolarmente evidente in alcuni sogni). Tuttavia, è la completa reversibilità di questa identificazione che consente il risveglio dell’IO. Manovra che, viceversa, sarebbe impossibile.

Le due frecce gialle, quindi, rappresentano la “normale” attività neurale che si svolge fra Ego (internal brain) e Io Osservatore tramite la rappresentazione delle istanze provenienti dall’input sensoriale, nonché fra Ego e Sé (outer brain) attraverso la lettura/scrittura di quest’ultimo da parte del primo. Ricordo che il Doppio Mnestico non può subire cancellazioni, ma solo modificazioni tramite incremento (scrittura) di nuovi ricordi (le amnesie, quindi, riguardano esclusivamente le funzioni d’accesso ai banchi di memoria).

La piccola freccia rossa indica lo stretto rapporto che esiste fra la Parte Animica e il suo “braccio armato”, ossia la presenza interferente chiamata K.

Infine, la freccia bianca dà conto dell’attività che la Parte Animica a volte svolge in modo diretto nei confronti dell’IO.

Any way, tutto questo concreta un sistema costruito per il conseguimento di un fine specifico. Un fine che appartiene alla Parte Immortale e che è da questa perseguito sin dall’istante della Grande Esplosione iniziale: la risoluzione del problema rappresentato dalla Danza Folle.

Parte Immortale

Come può una consapevolezza a quattro dimensioni, com’è qualunque essere umano, comprendere o descrivere qualcosa che di dimensioni ne ha undici? È semplice, non può e, tuttavia, qualcuno di noi è tenuto a provarci. E se lo fa, prima o poi, si scontra con alcune cose davvero difficili da accettare. In specifico:

  1. Il fatto che il vero target dalla Parte Animica sia sempre e solo la consapevolezza distillata dal Burattino durante l’esistenza in vita;
  2. Il fatto che, nonostante la Parte Animica sia presente in ogni vivente, solo pochi individui hanno la reale possibilità di confrontarsi con essa (per usare una celebre espressione del Vecchio Nagual, la possibilità di avere una possibilità… di realizzare il Doppio Immortale, ovviamente);
  3. La sua, quasi totale, assenza di consapevolezza;
  4. La Parte Animica come luogo degli opposti.

I punti 1), 2), 3) e 4), nel loro insieme,concretano un problema molto serio con il quale il guerriero è tenuto a confrontarsi. Il tema è già stato parzialmente affrontato in AnotherDay, Another Chance con riguardo alla la quotidiana transumanza del Gregge Monadico da e verso l’Uno. In realtà, si tratta di un viaggio che può verificarsi anche più di una volta durante il periodo di sonno, giacché avviene durante le fasi NREM (non REM).

La fase NREM presenta quattro stadi in costanza dei quali il soggetto precipita progressivamente nel sonno profondo. A noi interessano gli stadi tre e quattro, ossia il tempo durante il quale la elettroencefalografia evidenzia il c.d. sonno ad onde lente o delta (con frequenza che va da 0,1 a 3.9 hertz). È in quegli stadi che il Gregge Monadico lascia il Burattino. Tuttavia è il suo ritorno a essere traumatico poiché, a volte, può provocare parasonnie come pavor nocturnus, incubi o sonnambulismo (la cosa dipende in modo diretto dalla specifica dotazione monadica).

Nota – In psichiatria, le parasonnie sono descritte come alterazioni qualitative del sonno. Ovviamente, gli psichiatri, per scelta filosofica, non hanno alcun modo di comprendere la reale natura di tali disturbi. Io, però, che psichiatra non sono, qualche chance in più ce l’ho.

Durante il pavor nocturnus, il guerriero non sa cosa sta accadendo, la sola cosa che nota è che ogni notte gli accade di svegliarsi, un paio d’ore dopo il primo addormentamento, provando un terrore privo di nome. Inutilmente, cerca di fare le solite cose, come recarsi in bagno per la minzione, ma si muove a fatica tanto è grande il terrore che prova. Guarda la finestra, forse vorrebbe aprirla, ma non osa perché teme che, se lo facesse, l’esterno lo inghiottirebbe.

Probabilmente, per il guerriero il terrore notturno non è la prima esperienza in tema di parasonnie poiché, durante gli anni, fra incubi ed episodi di sonnambulismo ne ha sperimentate altre. Tuttavia, mai aveva immaginato che potessero essere legate, in qualche oscuro modo, alla sua Parte Animica. E, invece, è proprio così.

È in tali condizioni, con il Burattino in uno stato che se non fosse autolimitante sarebbe comatoso, che il rientro della Parte Animica (a volte) scatena il disturbo. Nel caso di pavor nocturnus, come coda velenosa che permane nello stato di veglia, mentre, nel caso di incubi e/o sonnambulismo, come contenuto onirico spaventoso e/o con eventuale automatismo motorio.

Ora, le domande da porsi sono le seguenti: chi ha paura? E perché? Ebbene, la risposta è semplice e diretta: l’Ego. E, considerata la profonda identificazione esistente fra Ego e IO, la cosa appare del tutto sensata. La Parte Animica, infatti, rientrando nel Burattino, spinge da par suo per ottenere il proprio scopo (l’unione fra se stessa e il Sé) e ciò comporta inevitabilmente l’insorgenza, nell’Ego, della paura della propria morte. Ciò per l’effetto della dimensione olistica che lo caratterizza e che lo mette nella condizione di accedere all’istante a una simile informazione. In altre parole, come la Parte Animica entra nel Burattino, l’Ego si accende divenendo immediatamente consapevole d’essere condannato perché il supporto biologico, prima o poi, cesserà di funzionare. Nel medesimo tempo, l’Ego non ha alcun modo di comprendere la causa di ciò che sta accadendo e, di conseguenza, cerca di dargli una forma sulla base delle librerie cognitive delle quali dispone. È così che nascono incubi e terrori notturni. E tutto questo è vissuto dall’Io Osservatore il quale, in virtù dell’identificazione con la parte egoica, sperimenta in modo diretto e drammatico l’intera vicenda attraverso il terrore caratteristico delle parasonnie indicate.

Ebbene, il motivo per il quale questo tipo di fenomeni si manifesta solo in alcuni soggetti riguarda strettamente il punto 2). Tuttavia, la risposta può essere solo parziale. Infine, quel che si può ipotizzare è che tutto ciò sia legato direttamente alla dotazione monadica. Tizio e Caio sono entrambi soggetti alla transumanza del Gregge Monadico, eppure Tizio sperimenta parasonnie di diverso tipo, mentre Caio no. Per come la vedo io, quindi,le parasonnie sono il segno evidente che quello specifico Esperimento è più esposto all’azione diretta della sua Parte Animica e, di conseguenza, ha delle reali possibilità di portare a compimento la realizzazione di un Doppio Immortale. Si badi, non perché Tizio sia “migliore” di Caio, bensì perché è solo meno scudato e, quindi, più esposto alla sofferenza e, di conseguenza, capace di produrre maggiore consapevolezza (nel medesimo tempo, però, anche a più grande rischio di andare in pezzi durante il tentativo, non a caso questi soggetti sono esposti più d’ogni altro al pericolo di tossicodipendenze o a nevrosi che servono specificamente a tenere l’angoscia fuori dal campo percettivo quali il disturbo ossessivo compulsivo, ad esempio).

Tuttavia, la cosa davvero spiazzante e difficile da accettare è che l’eventuale risultato conseguito dal Burattino per la Parte Animica è del tutto indifferente. Siccome immortale, se il Burattino che fa parte dell’Esperimento fallisce, essa si nutrirà della sua consapevolezza per poi tornare, riprovandoci. Per sempre, se necessario. Se, viceversa, il Burattino riuscirà a rendere se stesso sufficientemente fluido, essa tenterà l’unione e, di conseguenza, la realizzazione del Doppio Immortale.

Nota – Incidentalmente, segnalo come questo sistema sia sovrapponibile al modello TOTE, acronimo di TEST, OPERATE, TEST2, EXIT (elaborato Miller, Galanter e Pribram nel 1960). In specifico TEST prevede l’identificazione dello stato di partenza e il confronto con lo stato desiderato; OPERATE è tutto ciò che è fatto verso lo stato desiderato; TEST2 è la verifica del raggiungimento. Infine, se lo stato desiderato è ottenuto si va a EXIT che esce dallo schema. Viceversa, se TEST2 dà esito negativo, si ritorna a OPERATE con un nuovo esperimento (o un nuovo burattino).

Tutto ciò, se ancora non fosse evidente, rende la Parte Animica molto più simile a Jack lo squartatore, piuttosto che a madre Teresa di Calcutta. E noi, di conseguenza, ad altrettante principesse sul pisello. Ciò che, infatti, dovrebbe essere chiaro è che tutto questo dipende in modo diretto dalla quasi totale mancanza di consapevolezza della Parte Animica. Essa è una parte infinitesima di Coscienza Creatrice e, come la fonte dalla quale proviene, manca del requisito della consapevolezza. Tuttavia e proprio per questo, la ricerca costantemente tramite un Burattino che, nonostante tutti i suoi limiti, possiede qualcosa che le manca: la modalità dell’essere.

Nota – Per modalità dell’essere intendo la capacità specifica di sperimentare il principio di contraddizione traendone il vantaggio specifico dell’aumento di consapevolezza. Se la consapevolezza è informazione, il suo incremento deriva in modo diretto sia dalla capacità di comprendere l’informazione stessa, sia di elaborarla in modo tale da farla diventare parte di noi. Tutto questo manca in modo assoluto alla Parte Animica.

È questa precisa architettura che determina la reale cifra della nostra esperienza sensibile: siamo strumenti nelle mani di un padrone avido di consapevolezza che, essendo del tutto inconsapevole, non nutre alcuno scrupolo a spingerci (tramite K, il suo braccio armato) dentro la sofferenza più grande poiché è solo così che possiamo aumentare la nostra consapevolezza (attenzione, però, a non bestemmiare la Parte Animica, perché essa non lo perdonerà).

Questo, tra l’altro, sposta il focus sul punto 4), ossia sull’aspetto probabilmente più spinoso dell’intera faccenda con il quale, però, è fondamentale confrontarsi. La Parte Animica, infatti, poiché parte infinitesima della Coscienza Creatrice, è qualcosa che riunisce in sé la luce più pura e il buio più profondo, il sommo bene e il male assoluto, l’amore universale e l’odio indomabile, la tenerezza più struggente e la ferocia più spietata, l’empatia estrema del volto di un santo e la glaciale psicopatia dell’omicida sociopatico.

Del resto, considerata la sua funzione, non potrebbe essere altrimenti. Il punto, però, è che quando il Burattino arriva anche solo a lambire la percezione di questa terrificante realtà, fugge spaventato. Questa è la prima, naturale e inevitabile reazione poiché, sin da piccoli, ci hanno insegnato che noi siamo buoni e il male non ci appartiene.

Parliamo di millenni di condizionamento … mica pizza e fichi. Per questo, sul Filo del Rasoio, il concetto di spirito è stato completamente abbandonato poiché, oltre a non essere necessario alla coerenza della descrizione, comporta il radicale riposizionamento del concetto di anima. Questo è un fatto centrale che, negando l’antica e onnipervadente distinzione fra spirito e materia (ogni aspetto della virtualità è espressione della medesima particella che si limita a mutare la propria frequenza di funzionamento, vedi Il Cappello del Mago), determina il definitivo superamento del senso di colpa. In sostanza, si nega esistenza reale a tutto ciò che sta al di fuori della Coscienza (Creatrice o Individuale che sia) e, anzi, si sostiene la costante attività creativa di quest’ultima rispetto alla virtualità nella quale è immersa (il Multiverso, la Creatura). Ciò, è evidente, oltre a negare qualunque divinità a qualsiasi oggetto, descrive uno scenario mai conosciuto prima nella storia dell’uomo.

In tale scenario, la Coscienza Creatrice, tramite il singolo Esperimento, si muove nella virtualità (che essa stessa ha creato) al fine di risolvere la sofferenza che sperimenta sia nell’Uno, sia nella Dualità (Danza Folle). È evidente che in queste condizioni non può esistere alcuna colpa se non quella che deriviamo dall’incapacità di comprendere ciò che abbiamo creato. In realtà, in simili condizioni, l’intera esistenza umana, ancorché in un numero assai limitato di casi, si sposta su un piano drammaticamente eroico. Un piano sul quale l’individuo è un’autentica cuspide, ossia la punta più avanzata e consapevole dell’intera Coscienza Creatrice. E su tale piano, l’individuo è tenuto a comprendere e, di conseguenza, a realizzare il punto nel quale il bene e il male s’incontrano. Ecco perché, quando la nerezza spinge per uscire, il guerriero non la reprime, ma la trasforma. E quando il Burattino riesce a fare questo, la Parte Animica esulta poiché sa che questo prepara l’unione, ossia il Doppio Immortale, una forma di vita capace di resistere al Nulla (l’Uno) indefinitamente (chi fosse interessato ad approfondire le finalità di una simile manovra può leggere Immortali – La Quinta Dimensione).

Compromissioni egoiche

Il discorso potrebbe anche concludersi qui. Tuttavia, spenderò ancora qualche riga per mettere in guardia il lettore dalle trappole dell’Ego. Uno dei problemi più insidiosi, infatti, deriva dall’estrema efficacia del nostro potere creativo. Tutto ciò è stato ampiamente trattato nell’articolo dal titolo Parassitismo Psichico (del quale si consiglia vivamente la lettura), perciò qui mi limiterò a ricordare uno degli esempi più famosi di drammatica compromissione egoica (almeno per i lettori di Castaneda). Mi riferisco all’Inquilino, un personaggio inserito dal genio peruviano nel libro l’Arte di Sognare e che è descritto come l’ultimo rappresentante degli sfidanti della morte (antichi stregoni toltechi).

Nella narrazione, Carlos è spinto dal Vecchio Nagual a entrare in una chiesa nella quale lo attende questa figura che può assumere il sembiante sia di uomo, sia di donna. Qui, l’Inquilino porta Carlos nel suo sogno proponendogli uno scambio: Carlos gli darà parte della propria energia, mentre lui, in cambio, gli farà un dono di potere.

Ebbene, L’Inquilino è l’esempio perfetto di un Ego che vuole sopravvivere a ogni costo e che, per farlo, è disposto a qualunque cosa. Oserei dire che l’Inquilino è l’esempio perfetto di ciò che, anni fa, un guerriero descrisse come l’urlo infinito.

Ecco, se non volete precipitare nell’urlo infinito, non inseguite tali chimere.

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