Predatori e Prede

Introduzione

Penso che per questo sbrindellato paese non vi sia mai stata la reale possibilità di liberarsi dall’intenso afrore di brassica oleracea lessata che ne caratterizza ogni singola manifestazione. Intendiamoci, il broccolo è un ortaggio delizioso e davvero versatile, non a caso è associato alla cucina italiana. Tuttavia, offre un aspetto di sé che, diciamocelo, se si potesse evitare, sarebbe meglio. Il punto è che non si può. Come a dire che, quando hai a che fare con il Bel Paese, quell’attimo di tanfo irrespirabile che ammorba l’intera casa e ti fa pensare a un cadavere nascosto nell’armadio è un prezzo che devi comunque pagare.

Ecco, sino a qualche anno fa ero persuaso che l’arte di produrre tali miasmi fosse un’eccellenza tutta italiana. Oggi, non la penso più così poiché l’età e la relativa esperienza mi hanno insegnato che ogni etnia è maestra nel praticare questo poco nobile mestiere. Magari non saranno essenze di broccolo lessato, ma di nauseabondi fetori sempre si tratta. Il nero frutto del gioco denominato Predatori e Prede.

Patocrazia

Andrzej M. Lobaczewski (1921 – 2008) è stato uno psichiatra polacco fautore della c.d. ponerologia (o scienza del male), nonché autore del saggio dal titolo Ponerologia Politica. Il testo è del 1983, ma Lobaczewski riuscì a pubblicarne solo un numero limitatissimo di copie. Solo dal 2013, si trovano pubblicazioni in inglese, tedesco e spagnolo. Chiarisco subito che non concordo con le tesi di Lobaczewski poiché, a mio avviso, sono troppo moderate. Tuttavia, le segnalo poiché utili alla comprensione della mia ipotesi.

Per farla breve, la tesi di Lobaczewski si può sintetizzare nel neologismo patocrazia (dal greco πάτος, “malattia” e κράτος, “potere”) il quale indica un sistema di potere gestito interamente da individui psicopatici, laddove per psicopatia s’intende

un disturbo mentale caratterizzato principalmente da un deficit di empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo ed inganno. Gli psicopatici sono fortemente propensi ad assumere comportamenti devianti e a compiere atti aggressivi nei confronti degli altri, nonché a essere orientati alla criminalità più violenta. Spesso sembrano persone normali: simulano emozioni che in realtà non provano, o mentono sulla propria identità (fonte: wikipedia).

In specifico, se in un individuo l’empatia è assente si parla di dispatia, la quale è descritta come incapacità di condividere le emozioni altrui, mettendosi nei panni dell’altro. La dispatia, quindi descrive una classe di disturbi della personalità per i quali è pensabile una scala di valori, in base al deficit empatico. Tale scala presenta valori positivi e negativi e, in relazione a questi ultimi, sono identificati tre diversi disturbi denominati: Borderline (B), Psicopatico (P) e Narcisista (N). Si tratta di disturbi della personalità diversi fra loro ma che presentano il dato comune di un funzionamento carente o assente del circuito empatico. Di fatto, questi soggetti sono in parte o del tutto incapaci di percepire l’altro come uguale a loro, al punto che tendono a trattarlo come un oggetto. Ciononostante, soprattutto i tipi P e N sono individui dotati di una formidabile capacità mimetica che permette loro di simulare le emozioni che vedono negli altri.

Per dare un’idea di cosa siano realmente i predatori umani, quindi, dovremmo pensare a una maschera di normalità psicologica dietro la quale, tuttavia, si cela un individuo del tutto privo della capacità di comprendere quella stessa normalità. Si tratta di predatori mimetici, capaci di diventare qualsiasi cosa e, nel medesimo tempo, del tutto incapaci di comprendere ciò che stanno simulando, ma guidati da un unico fine: predare qualunque cosa, dal denaro, alla posizione sociale, alle persone stesse. Non fa differenza, dato che si tratta comunque di oggetti dei quali appropriarsi.

Secondo Lobaczewski, gli psicopatici si trovano in ogni etnia e gruppo sociale. Nessun consesso umano ne è immune e costituirebbero circa lo 0,6% della popolazione mondiale. In sostanza, lo psichiatra polacco individua, in questa piccolissima minoranza, il centro manipolatorio dell’intera umanità. Il tutto in base a uno schema che vede la cerchia degli psicopatici puri (grandi capitalisti, corporation owners, capi di stato), contornata da una seconda cerchia, formata da individui caratterizzati da un minore grado di sociopatia e che si occupa della gestione diretta del potere (ne fanno parte le alte gerarchie militari, apparati di polizia, banchieri, giornalisti, politici, tecnocrati, professionisti in varie discipline etc.). Il resto, che potrebbe contare oltre l’ottanta per cento del genere umano, è il famoso parco buoi, ossia le prede del grande gioco. Tutti noi.

Lobaczewski argomenta ampiamente la sua tesi. Tuttavia, io la ritengo solo parzialmente vera poiché frutto di una identificazione proiettiva che, in quanto tale, scaturisce dalla paura di ciò che l’autore vede dentro di sé. Ciò conduce Lobaczewski dentro un vicolo cieco nel quale il male sta tutto da una parte e il bene dall’altra. E questo non è mai vero.

Il Codice della Predazione

Tempo fa, in fase di risveglio mattutino, ricordo di avere contemplato l’immagine (ipnopompica) di una grande mandria di gnù, un bovide diffuso in africa e preda naturale di leoni e iene.

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Stavo osservando la meccanica della caccia delle leonesse, nonché la risposta della mandria. Le prime individuavano gli esemplari più deboli, cercando di separarli dal gruppo degli altri gnù, mentre la mandria, a parte qualche accenno di nervosismo, si limitava ad attendere che il rito sacrificale (di un esemplare troppo giovane o troppo vecchio) si compisse per, poi, tornare a brucare … sino alla caccia successiva.

Guardavo e stupivo poiché il meccanismo era molto trasparente e, mi resi conto, estensibile senza alcuna modifica all’intera umanità. Fu in quello stato semionirico che, improvvisamente, pensai all’eventualità (utopica) che potesse nascere fra i bovidi un esemplare speciale (che potremmo chiamare Karl … Karl Gnurx), una sorta di variabile indipendente capace di trasmettere ai suoi simili un’idea semplice: ragazzi, i leoni sono quattro, mentre noi siamo tanti di più, se facciamo muro e li affrontiamo tutti insieme non avranno più alcuna possibilità. A quel punto, mi sveglio e, mentre mi reco in bagno, penso alle conseguenze di un simile gesto, con l’intero eco sistema che, in breve tempo, entra in crisi fatale perché non vi è dubbio che leoni e iene si ritrovano costretti a cambiare dieta, giacché non hanno alcun modo di avere la meglio sulla forza soverchiante degli gnù.

Tuttavia, in questo modo il numero dei bovidi cresce senza più alcun controllo, con tutte le conseguenze facilmente intuibili per l’ecosistema. Inoltre, chi potrebbe escludere che quell’informazione, nata fra le mandrie di gnù, riesca a trovare il modo per giungere anche ad altre specie erbivore? Stavo osservando il Caos! La Rivoluzione Bovescevica!

Celia a parte, in quell’occasione mi divenne chiaro come il behaviour osservato nella mandria di bovidi, è il medesimo che l’umanità si porta appresso come eredità genetica.

Come già sottolineato altrove (L’Ultimo Paradigma), l’atteggiamento predatorio (nella sua accezione più generica che prevede la necessità di nutrirsi di altra vita biologica) è codificato già da circa 1,4 miliardi di anni, ossia dalla comparsa del c.d. LUCA (Last Universal Common Ancestor) e dalla conseguente nascita degli organismi eucarioti.

Per la verità, l’endosimbiosi realizzata dall’ultimo antenato comune fu tutt’altro che violenta poiché il batterio inglobato dalla cellula procariota continuò a vivere in essa. Tuttavia, l’atto compiuto dal LUCA inglobando quel batterio ebbe l’effetto di determinare la primitiva codifica di due, specifici atteggiamenti. Il primo necessariamente aggressivo e predatorio, giacché non esiste alcuna differenza, in termini etici, fra colui che divora un coniglio e chi ingoia mele o banane. Il secondo passivo, caratteristico dell’individuo predato il quale, a fronte della soverchiante forza del predatore, non ha altra scelta che quella di arrendersi all’inevitabilità di quanto sta accadendo.

Per questo sostengo che quel primo, incredibile atto codificò a livello genetico questi due atteggiamenti fondamentali, caratterizzando per sempre la base sulla quale tutti gli organismi eucarioti avrebbero, da quell’istante in poi, edificato se stessi.

Pare, quindi, sensato ipotizzare che le informazioni relative alla natura di organismo predatore e/o predato siano contemporaneamente presenti in qualsiasi organismo appartenente al dominio eucariota. A maggior ragione in una specie così complessa come quella umana. Da ciò, l’esistenza di esseri umani con tratti marcatamente predatori e di altri nei quali tali tratti sono meno evidenti (regressivi), nonché la divisione dell’umanità in due grandi categorie psico-sociologiche: i predatori e i predati.

Ora, se ci limitassimo a questo, Lobaczewski avrebbe punto ragione e l’articolo si potrebbe chiudere qui. Il problema è che le cose sono significativamente più sfumate e complesse, al punto che lo schema Predatore/Preda è rinvenibile in ogni relazione umana, a partire da qualsiasi rapporto di coppia, all’interno del quale, poi, può sfumare dalle gradazioni lievissime caratteristiche delle c.d. “anime gemelle” alle tinte oscure del rapporto master/slave e sino agli estremi dello stupro e dell’omicidio sessuale.

In realtà, quindi, la piramide sociale basa se stessa principalmente sui rapporti di forza i quali, a loro volta, scaturiscono dall’aggressività che ogni singolo individuo è capace o disposto o costretto a mettere in gioco in ogni singolo rapporto umano, sia individuale, sia di gruppo.

Quel che voglio significare è che ogni essere vivente, poiché organismo eucariota, ha in sé il codice della predazione, ossia un tratto che può essere (o non essere) attivato in qualsiasi circostanza di vita, dipende dalle altre informazioni disponibili. In altri termini, una dispatia pronunciata favorirà un atteggiamento indiscriminatamente predatorio, giacché lo psicopatico non riuscirà a prefigurarsi alcun criterio distintivo fra un sasso e un essere umano. Tuttavia, si consideri come anche le persone classificabili come normo-empatiche, nell’atto di nutrirsi, soprattutto se la pietanza è stata ben preparata, provino intimo godimento, infine, ricavando piacere dal divorare un altro organismo biologico. Certo, non sono cannibali e, anzi, alcuni di loro hanno rinunciato a cibarsi di altri animali. Tuttavia, se vogliono continuare a vivere, devono ingoiare altra vita e questo non sarebbe possibile senza l’attivazione del loro, specifico codice predatorio.

Ebbene, tutto ciò ci riporta al parallelo fra la mandria di bovidi e un qualsiasi gruppo di umani. Considerate il seguente scenario.

Metropolitana milanese, fermata Cordusio. Pensilina occupata da una cinquantina di persone. Dalle scale scende un ragazzo magro, aria svelta. Circa metà delle persone presenti lo vede e lo riconosce all’istante come uno scippatore. Altri sono ignari, non l’hanno visto, oppure hanno finto di non vederlo. Il ragazzo scorre con lo sguardo l’assembramento e in tre secondi individua un giovane, particolarmente distratto, che porta sotto braccio una cartelletta rossa.

Fra coloro che hanno notato lo scippatore ve ne sono almeno tre che lo conoscono bene perché l’hanno già visto all’opera, ma nessuno di questi lancia un allarme. Si limitano a guardarlo in tralice, verificando solo che non si avvicini troppo a loro. Lo vedono, così, muoversi verso il giovane con la cartelletta. Vedono lo scatto con il quale il predatore strappa l’oggetto al giovane e la corsa velocissima che gli permette di dileguarsi in pochi attimi. Tutti gli altri tornano a brucare, in attesa della prossima caccia.

Ebbene, la domanda è quasi banale: per ignorare il pericolo che si sta così manifestamente avvicinando a un tuo simile non è forse necessaria una mancanza totale di empatia? Ovviamente, sì. In tal caso, significa che la stazione Cordusio, quel giorno, era gremita di personalità borderline, psicopatiche o narcisiste? Ancora sì. E, allora, quale differenza possiamo predicare fra lo scippatore e gli altri viaggiatori? Nessuna.

Per questo e per nessun altro motivo la Rivoluzione Bovescevica non avrebbe alcuna chance di un epilogo felice. Perché, fatti fuori leoni e iene, questi sarebbero solo sostituiti da altrettanti gnù, i più psicopatici della mandria.

Per questo la vita umana profonde in modo così frequente e generoso il lezzo stomachevole dei broccoli lessati.

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4 Risposte a “Predatori e Prede”

  1. La rivoluzione bovescevica sembra essere una “controdistopica-nonutopica” visione in contrapposizione all’ordine naturale, la fantasia irrealizzabile dell’individuo moltiplicante se stesso (insomma una clonazione inverosimilmente impossibile) il cerchio del pensiero che si mangia da solo, al quale, sarebbe preferibile se non auspicabile un processo d’implementazione informativa, frutto del condizionamento progressivo della psiche umana a fronte della naturalità che ormai non contiene quasi più niente di naturale, proprio a partire dal cibo che l’umano consuma.
    Più che una rivoluzione bovescevica si potrebbe immaginare una rivoluzione bovescemica dove il bove, per l’appunto, comincia a cibarsi di altri bovi fino a che cannibalizzando se stesso diviene quell’unico bove che ha oltrepassato la psicopatia e il narcisismo, l’empatia e la simpatia, oltrepassando tutto, per divenire Re dei bove mangiandoseli tutti 

    Ilarità a parte, considero rivoluzionario un pensiero che ricerca soluzioni nonostante l’apparente declino del Bel paese; tutto sommato anche l’impero romano un bel giorno cadde preda della stanchezza, per tanto esistono soluzioni alla predazione che “bacillando” potranno contagiare le menti di queste mandrie inconsapevoli.

    1. E’ vero, ogni sistema arriva alla propria fine. Del resto, il Nulla è eterno e, poiché tale, è anche eternamente in agguato. Agguato predatorio, senza meno.

      Grazie per il brillante commento.

      1. Grazie a Voi tutti per mantenere attivo uno specchio interattivo che si impegna a mostrare sfumature così poco percettibili in questa nazione

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