Ambarabà ciccì coccò

Per Wikipedia (le sottolineature nel testo riportato sono mie):

Ambarabà ciccì coccò è il primo verso di una filastrocca in lingua italiana per bambini. È gioiosa, ma senza un particolare senso.

E prosegue:

Quello seguente è il testo di una delle tante versioni; quello che è, in genere, comune a tutte le versioni è l’incipit incomprensibile:

«Ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore;
il dottore si ammalò
ambarabà ciccì coccò!»

Capito? Per l’ineffabile estensore wikipedino l’incipit è incomprensibile e la filastrocca priva di particolare senso.

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Tralasciamo, per un attimo il misterioso e apparentemente incomprensibile incipit, per occuparci del resto della filastrocca gli elementi della quale sono:

  1. Tre civette;
  2. Un comò;
  3. L’atto sessuale (latamente inteso);
  4. Una femmina (figlia di un dottore);
  5. Il dottore;
  6. La malattia (del dottore).

Abbiamo, quindi, tre civette disposte in qualche modo (non specificato) sopra un comò. Anzitutto, due parole sul comò, riduzione italiana del francese commode, forse derivato dal latino commudus e che sta a indicare qualcosa di comodo e di agevole. Nella fattispecie, quasi sempre un mobile, solitamente di altezza contenuta dotato di ante e cassetti che arreda i salotti delle case sia nobili, sia borghesi. In altre parole, il comò della filastrocca allude al fatto che la storia narrata si svolge nel salotto di casa, ossia il luogo dove l’ospite riceve amici e conoscenti. Il luogo normalmente dedicato dal singolo all’intreccio delle relazioni sociali. Ebbene, in tale luogo deputato e ameno le tre civette, i tre centri cerebrali (rettile, emotivo e logico) nella loro accezione olistica (l’Ego) fanno l’amore (ossia, intrattengono rapporti sessuali allusivi) con l’Io Osservatore (IO, la figlia del Dottore).

L’IO, infatti, è l’interfaccia utente, ossia la parte che può sia intrattenere rapporti con altri esseri umani, sia inabissarsi nell’identificazione con qualsiasi oggetto, compresi vari rapporti carnali reali o immaginati (in tal caso si parla di considerazione).

Fosse tutto qui, la questione sarebbe risolta. Tuttavia, il target primario della filastrocca non è il rapporto fra individui diversi, bensì quello fra l’Ego (l’insieme dei tre cervelli) e l’Io Osservatore, istanza (come descritto altrove) di origine animica la quale funge da ponte fra parte mortale e il Monadic Cloud (parte immortale) di ciascun individuo.

In estrema sintesi, quindi, la filastrocca descrive il sonno dei viventi. Sonno precisamente delineato dal livello di identificazione egoica che colpisce l’IO di ciascuno di noi. E, in effetti, il vero problema è costituito dalle conseguenze di tale sonno, ossia dalla c.d. malattia che colpisce il Monadic Cloud e, nello specifico, uno o più Nuclei Alogeni eventualmente presenti in esso.

Ora, l’unica malattia in grado di colpire la nostra Parte Immortale è laccumulo di Karma poiché costringe i nuovi “esperimenti” (Burattini futuri) a percorsi di vita quasi sempre incompatibili con lo Scopo (la risoluzione della Danza Folle).

Ciò comporta che il quadretto disegnato dall’incomprensibile filastrocca è la perfetta descrizione del gioco (mortale) che ciascun Burattino compie con il proprio Monadic Cloud durante ogni istante della vita di veglia, ossia quando è immerso nel sonno derivante dal fatto che ciascuna delle tre civette è quasi del tutto inconsapevole dell’esistenza delle sorelle.

Così, accade che ogni centro è perlopiù convinto di gestire il potere creativo in modo del tutto esclusivo. Ovviamente, questo non è vero, tuttavia il risultato è proprio l’ibridazione delle pulsioni le quali, se verso l’esterno intrecciano legami variamente morbosi e conditi di senso di colpa, verso l’interno restituiscono al Monadic Cloud quel medesimo mix sotto forma di Karma, ossia di debito reale da accollare alle future generazioni di Burattini.

Già, ma il famoso potere creativo da cosa è descritto? E da cosa se non dall’incomprensibile incipit ambarabà ciccì coccò (Loki). Questa volta realmente incomprensibile, giacché sta lì ad alludere a qualcosa di totalmente preverbale poiché riferito al brevissimo iato temporale esistente fra Keter e il primo centro investito (quello rettile, destinato a creare la struttura). E niente, si tratta solo dell’ennesima dimostrazione del drammatico limite che governa l’enciclopedia digitale che, specchio fedele della mente razionale, davanti al mistero dell’esistenza finisce sempre come la famosa scimmia imbambolata davanti al monolite.

monolite-kubrick

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