Epitome

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Premessa

Il Filo del Rasoio è descrizione ormai vasta. Numerosi sono i concetti presenti al suo interno alcuni dei quali, peraltro, di non facile lettura. Il presente lavoro, quindi, si pone come fine quello di offrirne una parziale sintesi anche correggendo, ove necessario e possibile, errori e/o imprecisioni presenti nei lavori pubblicati in passato. Vorrà, così, il lettore perdonare l’apparente eterogeneità degli argomenti trattati poiché, in realtà e in relazione alla descrizione complessiva, nulla è fuori posto.

La Coscienza

Com’è noto ai lettori del blog, l’impianto fondamentale sul quale si basa l’intera descrizione del Filo è la divisione fra Uno e Dualità, nonché l’affermazione che questi altro non sono che stati della Coscienza all’interno dei quali essa sperimenta sofferenza.

In specifico, avverto qui la necessità di superare le definizioni di Coscienza Creatrice (Uno) e Coscienza Duale (Dualità) giacché fuorvianti. La Coscienza è una sola e crea indifferentemente sia l’Uno, sia la Dualità (ma si vedrà tra pochissimo).

Ai fini del presente lavoro, quindi, si tengano presenti i seguenti assiomi:

  1. Sia l’Uno, sia la Dualità sono descritti come gli attuali e unici stati dell’essere di ciò che definiamo Coscienza;
  2. Nello stato di Uno gli opposti sono uniti, nello stato di Dualità sono separati;
  3. Questi due stati sono esperiti di continuo dalla Coscienza (e, quindi, da noi) giacché questi si alternano nel Qui e Ora alla frequenza dettata dal tempo di Planck;
  4. Possiamo essere consapevoli solo dello stato di Dualità poiché, nonostante ci sia incomprensibile, esso è totalmente descrivibile grazie al principio di contraddizione;
  5. Non possiamo essere consapevoli dello stato di Uno giacché, pur essendo totalmente comprensibile, in assenza del principio di contraddizione esso è del tutto indescrivibile;
  6. Conseguenza del punto precedente è che la Dualità è descritta come virtualità impermanente, mentre l’Uno è esperito come Nulla.

Ora, il punto 6) pone una questione rilevante e che va compresa a fondo. Questo perché se l’unica cosa reale è la Coscienza, allora sia l’Uno, sia la Dualità potranno dirsi solo semplici declinazioni della Coscienza stessa; modi dell’Essere, se volete. Modi che la Coscienza sperimenta, almeno dal nostro punto di vista e data l’impensabile frequenza alla quale tutto si verifica, nel medesimo istante. Con la conseguenza che noi (che siamo Coscienza) ci troviamo nella paradossale situazione di poter descrivere la Dualità senza, tuttavia, poter fare altrettanto con l’Uno del quale non possiamo conservare alcun ricordo ma che, non a caso e in determinate condizioni, esperiamo come Nulla.

In sostanza e in tale prospettiva, l’uomo altro non è che la punta più avanzata dell’indescrivibile sforzo che la Coscienza sta operando per uscire dalla sofferenza. Sotto un tale profilo, quindi, sia la Femina Sapiens, sia l’Homo Sapiens sono molto precisamente descrivibili come il risultato dell’unione di una Parte Reale (il Monadic Cloud) e una Parte Virtuale (il Burattino). La Parte Reale è Coscienza, mentre quella Virtuale è niente più di uno dei due stati possibili dell’Essere.

Nota – Eraclito di Efeso o il suo discepolo Cratilo forse potrebbero parlare di Divenire. Di fatto e come si è visto, la soluzione al problema è quasi banale: l’Uno non è l’Essere, bensì e a sua volta è un Divenire poiché anch’esso è uno stato (e, quindi, una creazione) dell’Essere, ossia della Coscienza la quale, forse, potrà conoscere se stessa solo con la realizzazione dello Stato Terzo. Sul punto, la dubitativa è d’obbligo giacché, come vedremo a breve, quello che sta operando la Coscienza non è che un tentativo di soluzione della Danza Folle in ordine al quale non esiste alcuna garanzia che possa rivelarsi realmente risolutivo.

Molto ho scritto sul tema della nostra Parte Immortale, soprattutto dopo la cristallizzazione del concetto di Nucleo Alogeno (rif.: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12). Torno, perciò, sulla questione al solo fine di contestualizzare ulteriormente e per quanto possibile la rappresentazione dell’idea di Coscienza giacché, di fatto, trattasi di qualcosa di realmente inconoscibile. Altrove, ho cercato di definire la Coscienza come del tutto priva di Consapevolezza. Tuttavia, si è trattato al più di un goffo tentativo di descrivere l’indescrivibile, lo sforzo agito da una mente logica in totale imbarazzo dinanzi a qualcosa che esiste nel Qui e Ora e che è del tutto privo di dimensioni finite.

In realtà e grazie al Monadic Cloud (MC), ciascuno di noi è Coscienza e, considerato il fatto che l’Io Osservatore (IO) ne è un’istanza diretta, proprio l’esperienza onirica può essere usata come termine di paragone per avere una pallidissima idea di come possa qualificarsi la Coscienza nel suo stato duale. La Coscienza in stato duale, quindi e come l’IO nel mondo onirico, è ingenuità totale, stupefazione costante, fluidità assoluta, capacità di divenire qualsiasi cosa, in qualsiasi tempo, in qualunque luogo, il tutto sullo sfondo di un onnipresente Senso di Colpa. Nel medesimo istante, tuttavia e in modo per noi impossibile da descrivere, nello stato di Uno la Coscienza è assenza di forma, assenza di limiti, unione di opposti, comprensione totale e, soprattutto, indescrivibile solitudine.

Tutto questo e chissà che altro di più, dunque, è la nostra Parte Immortale, il Monadic Cloud che, come ribadito più volte, non torna mai eguale a se stesso per effetto di ciò che abbiamo definito ricombinazione monadica. E qui la cosa si fa misteriosa giacché ci si chiede come possa un qualcosa che ipotizziamo così totalmente privo di Consapevolezza essere capace di progettare una strategia talmente potente da generare ciò che abbiamo definito la Grande Ottava della Consapevolezza (GOC). Ebbene, la risposta potrebbe essere proprio il tempo.

In effetti, sembrerebbe una contraddizione in termine: un ente che non conosce il tempo, usa il tempo per risolvere il suo unico problema (la Danza Folle). Eppure, a ben guardare, non si tratta dello stesso modo adottato dalla natura per gestire il processo evolutivo? Se l’evoluzione procede attraverso una serie di tentativi ed errori diluiti in un certo tempo e se è vero che il Multiverso altro non è che la manifestazione duale della Coscienza, allora potrebbe avere molto senso supporre che il pattern evolutivo rispecchi in modo fedele ciò che la Coscienza stessa sta operando. In fondo, che ne sappiamo da quanto tempo la Coscienza sta provando a uscire dalla sofferenza e di quanti Multiversi si siano succeduti rispetto a quello nel quale esistiamo? O quali forme avessero e su quali dimensioni tali Multiversi si basassero? Certo, si potrebbe obiettare che più tentativi la Coscienza ha posto in essere per risolvere il suo problema, più la sua Consapevolezza dovrebbe essere cresciuta. In tal caso, parrebbe errato sostenere che la Coscienza è priva di Consapevolezza. Tuttavia, questa è un’obiezione che non tiene conto del fatto che la Coscienza è per definizione infinita e che, di conseguenza, per quanto grande possa essere la Consapevolezza ottenuta, questa sarà comunque prossima a zero. Anche se, è vero, non eguale a zero.

Perciò, proprio tale scoria consapevole potrebbe essere il motore di questo Multiverso, della sua forma e del modo che lo stesso ha di sviluppare la Consapevolezza. In un simile scenario, proprio tale scoria consapevole sarebbe ciò che abbiamo definito GOC la quale, perciò, avrebbe un’origine impensabile giacché si tratterebbe di un’Ottava sopravvissuta ai Big Rip di tutti i Multiversi che hanno preceduto quello nel quale esistiamo noi. Altresì e sempre nei termini della moderna cosmologia, si potrebbe pensare al c.d. Big Bounce. In base alla teoria del Big Bounce, l’universo espanderà fino a un certo punto per poi contrarsi senza, però, giungere a una singolarità gravitazionale. Di conseguenza, vi sarà un rimbalzo con una nuova espansione in un processo è destinato a ripetersi in eterno. Cool, isn’t it 🙂

Ora immaginate la GOC che, divenuta parte della Coscienza, se ne strafrega sia dei Bir Rip, sia del Big Bounce permettendo, così, alla Coscienza di ripartire da una base di Consapevolezza diversa per ciascun nuovo Multiverso che, a questo punto, potremmo anche definire esperimento … quale differenza notate fra questo pattern e quello descritto dal Filo per MC e relativi Burattini?

Non vi è alcuna differenza, in effetti:

  • Coscienza = MC;
  • Multiverso = Burattino;
  • GOC = Nucleo Alogeno;
  • Unici oggetti permanenti: Nuclei Alogeni e GOC;
  • Il tutto in profonda coerenza con il detto in Alto come in Basso (Tabula Smaragdina).

Bingo.

Nota – In relazione a una discussione nata sul gruppo Telegram (https://t.me/filodelrasoio) e relativa a quanto riportato da Carlos Castaneda nei suoi libri, ci si chiedeva quale fosse stata la reale natura dell’esperienza del genio peruviano. Personalmente e in prima battuta, ho ipotizzato un  errore di lettura da parte di Castaneda di informazioni animiche, ossia provenienti dai propri NA. Di seguito e mentre stavo redigendo il presente lavoro, mi sono reso conto del fatto che Carlos Castaneda potrebbe aver letto molto correttamente quelle informazioni giacché, in tal caso, egli sarebbe stato semplice oggetto di un esperimento specifico messo in atto dai suoi NA o, per esteso, dalla GOC l’obiettivo della quale, come detto più volte, è sempre stato quello di trovare una soluzione alla Danza Folle. In una simile prospettiva, il Burattino Carlos Castaneda diviene nulla più di un esperimento che, come infiniti altri esperimenti in altri infiniti Multiversi precedenti, lo hanno preceduto. Tutto ciò tenendo conto del fatto che tutti quegli infiniti Multiversi precedenti esistono nel Qui e Ora.

Psicoentropia del Burattino

Come descritto altrove, un individuo può essere efficacemente rappresentato come un nucleo immortale coperto da (o incapsulato in) una sovrastruttura denominata Burattino. Ora, ciascun Burattino è soggetto a pulsioni diverse, tutte di originate dai differenti Nuclei Alogeni che possono esistere dentro il MC di turno. Tuttavia, ogni Burattino ha a che fare con due pulsioni fondamentali e denominate up e down poiché generanti spinte del tutto antitetiche: la pulsione-down tiene l’IO nel sonno, mentre la pulsione-up lo spinge verso la disidentificazione egoica. Ebbene, il fatto noto (almeno sul Filo del Rasoio) è che la pulsione-down è prevalente rispetto alla pulsione-up con la conseguenza che, per l’IO, tale disidentificazione è sempre il frutto di uno sforzo molto grande e foriero di sofferenza.

Ebbene, oltre alla basilare asimmetria di Keter sulla quale non abbiamo alcun tipo di potere, il dato interessante consiste nel fatto che ciò accade perché il parametro psicoentropico è mantenuto al livello più basso grazie alla struttura del parco golemico (a sua volta discendente dalla suddetta asimmetria).

Lo abbiamo visto bene nell’ultimo lavoro pubblicato (Macchina di Turing, Dialogo Interno e Senso di Colpa) nel quale è stato dato conto di come l’Io Osservatore (IO), che durante l’intero periodo di veglia risiede nell’ipofisi (il luogo fra gli occhi), versi in uno stato di costante sonno neurale grazie all’identificazione con i golem, ossia le funzioni che l’IO continuamente invoca per risolvere le numerose procedure che si avvicendano, senza soluzione di continuità, durante la giornata. Ebbene, considerata la generica affermazione che l’Ego è una macchina che produce menzogna, il grado del sonno neurale sarà determinato dalla psicoentropia propria del brain fisico (che, in tale caso, è del tutto sovrapponibile al Sistema Nervoso Centrale). Più in generale e in riferimento ai diversi sistemi sottoposti alla legge entropica:

  • Un sistema fisico produce lavoro;
  • Un sistema sociale, incentrato sui rapporti fra individui diversi, produce capacità di relazione;
  • Un sistema psichico individuale produce menzogna.

Con la precisazione che i punti 2) e 3) sono basati entrambi su sistemi psichici individuali e che, di conseguenza, questi ultimi possono essere intesi sia in senso fisico (il brain singolo), sia psichico (l’Ego). In ambito fisico, quindi, ciò che rileva sono le singole concrezioni neurali (o golem o funzioni) continuamente invocate dall’IO. In ambito psichico, l’oggetto rilevante è l’olismo denominato Ego.

Ora, questo è un punto davvero rilevante giacché si è soliti qualificare l’Ego come il reale produttore di menzogna. La cosa, tuttavia, interessante è che tale attività egoica è riferibile esclusivamente al periodo di veglia giacché in fase onirica qualsiasi menzogna cessa di esistere. E il motivo sta nel fatto che in fase REM l’IO perde la capacità di invocare i golem giacché, semplicemente, è privo di Consapevolezza (in effetti e proprio per questo motivo, in ambito onirico l’IO spesso diviene balocco dei propri golem).

In base a quanto si legge nel Mistero del Fiore d’Oro, l’IO sogna nel fegato, ossia e fuor di metafora, avendo perduto la centralità nel sistema, l’IO si muove all’interno del brain potendone solo osservare il parco golemico. A sua volta, il parco golemico, essendo nulla più di una macchina, non può in alcun modo conoscere la menzogna e, di conseguenza, produrla. Questo significa che se, in stato di veglia, l’Ego produce menzogna, ciò accade solo perché l’IO, profondamente identificato in esso, lo spinge a farlo. E questo dipende in modo immediato e diretto dalla suddetta pulsione-down, ossia dal bisogno insopprimibile della Coscienza Duale di dimenticare la solitudine eterna che sperimenta nello stato di Uno.

Per questo si afferma che l’inconscio non può mentire. Perché, per quanto potente possa essere l’olismo concretato dall’Ego, senza l’IO esso è come una macchina priva del motore. Una macchina che, durante la fase onirica, è attivata parzialmente dal semplice transito dell’IO il quale, di ritorno dal Nulla, ha come unica meta l’ipofisi (l’unico luogo capace di connetterlo alla Consapevolezza, ossia al Doppio Mnestico). Si pensi, quindi, a un’istanza (l’IO) tanto lucente quanto ingenua e immemore di sé in atto di attraversare un luogo immenso (il brain) e immerso nel buio totale. Quale che sia il sentiero che percorre (in ogni caso, determinato da K), l’IO inonda della propria luce (warning, luce della Coscienza e non della Consapevolezza) il territorio circostante. Un territorio fatto di macchine che, di conseguenza, si risvegliano all’istante e reagiscono restituendo solo e semplicemente ciò che c’è, né più né meno. Così, accade che i golem in tal guisa stimolati si accalchino attorno a quella luce giacché possono esistere solo come riflesso di essa. E questo sino a che l’IO non giunge nel luogo fra gli occhi, luogo che coincide con il risveglio fisico dell’individuo il quale, peraltro, vivrà il nuovo giorno del tutto inconsapevole del miracolo che incarna poiché convinto, grazie all’identificazione egoica, d’essere il corpo che abita.

Ora e sul punto, è necessario tener presente quanto già descritto nel lavoro Parassitismo Psichico e relativo alla produzione parassita, ossia il fatto che a ogni golem espone sempre due facce: una fisica in forma di macchina neurale e l’altra psichica in forma di parassita. In  realtà e in base al principio che il più denso procede dal più sottile (DNA e Monadic Cloud), la parte psichica è sempre la prima a essere creata, mentre quella fisica la segue in cascata. Di conseguenza, quando usiamo il lemma golem dobbiamo essere consapevoli che stiamo descrivendo due livelli di virtualità nel medesimo tempo. E dovrebbe essere chiaro che, in fase onirica, l’IO attiva anzitutto il parassita e solo occasionalmente anche la macchina fisica sottostante. Di talché, l’intera esperienza onirica si svolge a contatto con la parte psichica delle proprie macchine (parte che può essere anche molto complessa). Quest’ultimo aspetto, poi, conosce a sua volta diversi livelli di complessità che, tuttavia, non cade qui di trattare (si pensi al sonnambulismo nel quale un enorme numero di macchine fisiche è attivato, nonostante l’IO si trovi ancora lontano dallo stato di veglia).

Considerate, poi, che l’Ego stesso è descrivibile come il parassita più grosso e invasivo giacché siccome olismo del brain, non solo conosce la massima espressione del suo potere proprio in stato di veglia, ma concreta tale potere nella profonda identificazione che è capace di offrire all’IO. Pare evidente, quindi, che un tale moloch renda l’IO capace di tenere sotto strettissimo controllo il parametro psicoentropico per mezzo della menzogna. Menzogna che l’IO agisce continuamente con se stesso, prima ancora che con gli altri, in un gioco di specchi riflessi che non ha mai fine poiché, cercando se stesso nell’Ego, vi trova immancabilmente l’immagine che desidera. È il mito del lago di Narciso e riguarda indistintamente ciascun vivente, anche se con diversi livelli di severità patologica.

Tuttavia, se il problema è costituito da uno specchio composto da tanti piccoli frammenti (i golem), par chiaro che se distruggo alcuni di questi componenti (liberando i neuroni che li costituivano) vulnero, diminuendola, la generale capacità dell’Ego di rinforzare l’IO nel suo stato di sonno generando menzogna.

Non stupisce, quindi, che l’Agguato, nella sua qualità di distruttore di golem, determini un aumento della psicoentropia come conseguenza diretta della progressiva riduzione del parco golemico e, di conseguenza, dell’Ego. E nemmeno stupisce che l’aumento di tale parametro determini una sempre crescente difficoltà di mentire a se stessi. Sino al punto nel quale l’entropia diviene massima, la menzogna cessa d’esistere e l’Ego (insieme al brain) muore. Ed è precisamente in tali condizioni che il guerriero è chiamato ad affrontare la Scelta (Il Doppio Immortale – Parte I, Il Doppio Immortale – Parte II).

 

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