Hannibal Lecter

Hannibal Lecter

Warning

Il presente lavoro potrebbe risultare disturbante per le persone troppo egoiche e, più in specifico, per tutti coloro che confidano nella forza salvifica della luce divina.

Hannibal the cannibal

Hannibal Lecter è un personaggio uscito dalla penna di Thomas Harris che, nel suo romanzo dal titolo Il Silenzio degli Innocenti (1988), lo descrive come un geniale psicopatico che, prima di essere arrestato, era dedito al cannibalismo delle sue vittime. Il romanzo diventa film nel 1991 e, grazie alla sontuosa interpretazione di Anthony Hopkins (che vi appare per soli 25 minuti), conquista tre premi Oscar (fosse stato per la sola Foster, il film terrebbe compagnia a La Mummia).

Any way, la strepitosa presenza artistica di Hopkins rende Hannibal Lecter famoso al punto da portare Bryan Fuller, nel 2013 e per conto del network NBC, a sviluppare una serie televisiva totalmente incentrata sul genio cannibale, questa volta interpretato da Mads Mikkelsen (immagine in copertina).

Ebbene, è proprio di questa nerissima serie che, fra le altre cose, intendo discutere nel presente lavoro e per un fine che, come da warning, potrebbe non piacere affatto.

Assieme al dottor Lecter, protagonista della serie è Will Graham, un profiler dotato di un eccezionale potere empatico che gli permette di entrare nella mente degli assassini seriali ai quali l’agente FBI Jack Crawford (Laurence Fishburne) dà la caccia.

Di fatto, la strana dote di Will Graham è la chiave (proposta dall’autore) capace di accedere alla mente (del tutto inumana) del dottor Lecter, un medico che, nonostante si occupi di psicoterapia, ha un passato da brillante chirurgo. In sostanza, Hannibal Lecter è qui disegnato come un profondo conoscitore dell’essere umano poiché ne ha scandagliato a fondo sia l’aspetto fisico, sia quello psichico.

Nel racconto, Lecter è lo psicoterapeuta di Graham il quale, proprio in forza del dono che possiede, ha grande difficoltà a mantenere efficace la sua funzione di realtà e che, di conseguenza, ha frequenti incontri con il suo psicoterapeuta al quale si affida al fine di, come usa dire, restare con i piedi per terra.

Il problema è che Lecter è un manipolatore di prima grandezza che userà Graham come un suo burattino, riuscendo a convincerlo d’essere l’autore di crimini che, in realtà, non ha mai commesso.

Ho usato il lemma burattino non a caso. Sono, infatti, persuaso che Hannibal Lecter, così come descritto da Bryan Fuller, corrisponda in modo impressionante a ciò che la Parte Immortale è per l’Ego. Vediamo perché.

Il terrore egoico

Ego è un personaggio davvero singolare. Lo abbiamo visto in diversi lavori (TrogoAutoEgoCrat, La Morte di Amlego, Ego-Atanor) i quali ci hanno mostrato come questo olismo, apparentemente onnipotente, in realtà nasconda un lato assai più simile a un cagnolino perennemente spaventato dall’idea della propria, inevitabile morte.

Tuttavia, è stato il lavoro dal titolo Anima che ha permesso il maggiore avvicinamento alle ferali conseguenze derivanti dalla paura che Ego nutre verso la Parte Immortale e, in specifico, alla forma che tale paura assume in modo diretto e, spesso, violento nelle parasonnie. Di particolare rilevanza e in questo senso, il c.d. pavor nocturnus. Di seguito un frammento dell’articolo linkato:

Durante il pavor nocturnus, il guerriero non sa cosa sta accadendo, la sola cosa che nota è che ogni notte gli accade di svegliarsi, un paio d’ore dopo il primo addormentamento, provando un terrore privo di nome. Inutilmente, cerca di fare le solite cose, come recarsi in bagno per la minzione, ma si muove a fatica tanto è grande il terrore che prova. Guarda la finestra, forse vorrebbe aprirla, ma non osa perché teme che, se lo facesse, l’esterno lo inghiottirebbe.

Abbiamo, altresì, visto come tale terrore sia immediatamente generato dal rientro dell’Io Osservatore (IO) nel brain, rimasto in coma durante l’intero sonno delta per i motivi descritti nel lavoro linkato. In sostanza, tale rientro riaccende l’Ego (inteso propriamente come olismo del brain) e, qualora il Burattino non sia sufficientemente scudato rispetto all’idea della morte, questo può scatenarne facilmente il pavor nocturnus dato che, non appena il contatto avviene, l’Ego stesso diviene all’istante consapevole del fatto che non può sfuggire al suo destino mortale.

Ebbene, quanto appena descritto è il motore vero e unico della creazione, sia da parte della fantasia popolare, sia grazie alla penna di specifici autori, delle figure che da sempre terrorizzano grandi e piccini. In buona sostanza, ciò che nei millenni è stato dipinto come l’apice del terrore, altro non sarebbe che la nostra Parte Immortale.

Sul punto, la tradizione medievale è particolarmente ricca e un primo esempio ci viene dal racconto di un prete di nome Walchelin. Il prete riferisce un fatto (con ogni evidenza, si tratta di uno spostamento percettivo di notevole portata) accadutogli nel 1091 e nel quale incontra la Masnada di Hellequin, ossia quel che è definito un esercito itinerante di anime. In realtà, le medesime anime sono altresì definite impenitenti, tuttavia possiamo attribuire tale aggettivazione alla formidabile pressione esercitata dal senso di colpa sull’intero mondo medievale. A capo dell’esercito di anime sta Hellequin (o Herla), mitico re bretone che trasmigrerà in Italia nell’Arlecchino mascherato di nero.

NOTA – La storia di Walchelin è narrata da Orderico Vitale (1075-1142) nell’Historia ecclesiasticae libri XIII. Storia che non riporto qui giacché, volendo, potete ritrovarla molto facilmente in rete.

In realtà, la masnada è concetto antico e che compare già nel Germania di Tacito il quale cita gli Harii, cacciatori che apparivano di notte nei boschi tramutandosi in spiriti che nessuno poteva fermare.

Chi fosse Herla e come sia nata la Hellequin è tuttavia narrato da Walter Map, teologo e scrittore britannico (Galles, 1135 – 1210 … visse per 75 anni, un record assoluto per gli standard dell’epoca).

Herla è un re Bretone che incontra un altro re il quale cavalca un grande capro e che ha grande somiglianza con il dio Pan. Questo satiro propone a Herla un accordo. Herla lo inviterà al suo imminente matrimonio con la figlia del re di Francia e, in cambio, sarà ospitato l’anno seguente. Herla accetta, firmando la sua condanna perenne. Il giorno del suo matrimonio, infatti, il satiro arriva con la sua schiera di servitori e con moltissimi doni. Quindi, l’anno seguente, Herla si reca al matrimonio del satiro, in un palazzo bellissimo all’interno di una radura misteriosa. Finita la festa, Herla lascia il castello con moltissimi doni, fra i quali un cane da caccia che il satiro gli pone direttamente fra le braccia. Il satiro, quindi, avverte Herla che nessuno dei suoi sodali sarebbe dovuto scendere da cavallo sino a che il cane non lo avesse fatto per primo. Tuttavia, uscito dalla radura, Herla scopre di esservi rimasto per duecento anni, al punto che sono i sassoni a governare quelle terre in luogo dei bretoni. Ovviamente, tutti i suoi cari sono morti ed Herla scopre che chiunque scenda da cavallo è all’istante tramutato in polvere, mentre il cane avuto in dono dal satiro non scenderà mai più.

Ora, l’intera vicenda di Herla riferisce, in modo davvero trasparente, proprio del timore profondo nutrito, in questo caso dall’Ego medievale (soprattutto dall’Ego di Walter Map), verso la Parte Immortale la quale è descritta grazie alle librerie cognitive disponibili a quel tempo. In specifico, un terrore simile altro non poteva che prendere il sembiante del dio Pan, nume dell’ebrezza e dell’eccesso. E così come il castigo di Herla (vagare senza riposo né arresto) il quale è inflitto per la colpa di avere contratto un patto con la Parte Immortale.

Sul punto la morale cristiana (e ancora di più quella musulmana la quale addirittura vieta la raffigurazione del sacro) è chiarissima: la vita eterna è concessa solo a chi rinuncia al maligno, laddove il maligno è proprio e solo la nostra Parte Immortale! Se non fosse chiaro, l’Ego pone all’IO identificato (Io egoico) un divieto assoluto di relazione con i propri Nuclei Alogeni dipingendo il tutto come un atto malvagio e l’intera produzione letteraria e artistica dedicata al tema in ogni tempo lo testimonia in modo incontrovertibile.

Se, infatti e sino agli albori del mondo moderno, l’IO che contravveniva a tale divieto subiva la dannazione eterna, in un’epoca durante la quale all’inferno non crede più nessuno e, di conseguenza, le librerie cognitive sono mutate profondamente, il castigo si consuma qui e ora grazie a mostri incarnati quali, per citarne alcuni, Hannibal Lecter, IT o Freddy Krueger (rispettivamente creati da Bryan Fuller, Stephen King e Wes Craven). L’ultima figura non umana che, in epoca moderna, dà voce a questo indicibile terrore è quella di Chtulu il principale dei Grandi Antichi, mito creato da H. P. Lovecraft nel 1928 e descritto come una deità blasfema adorata da popolazioni degenerate, selvagge e folli, connessa all’insorgere di incubi e il cui culto prevede atroci sacrifici umani … quale descrizione migliore del terrore sperimentato dall’Ego dinanzi ai Nuclei Alogeni (Grandi Antichi)? Potrei anche chiudere qui lo scritto, ma ci dobbiamo occupare del cannibale 🙂

Restiamo, quindi, sul dottor Lecter e la sua vittima più speciale: Will Graham. Accade, infatti, che Lecter s’innamori del giovane profiler il quale, a questo punto e con ogni evidenza, diviene l’IO dell’intera storia … mentre Jack Crawford incarna l’Ego più agguerrito e arcigno che vuole ridurre all’impotenza il Nucleo Alogeno. Il tutto, come dallo schema che segue:

NA_IO_EGO

In sostanza, quando Lecter decide di non cibarsi di Graham gli riconosce un ruolo speciale e diverso da ogni altro individuo, laddove per ogni altro individuo si dovrebbe leggere qualsiasi Ego, ossia proprio ciò che  simboleggiano sia Crawford sia tutte le altre vittime di Lecter.

Sotto questo profilo, quindi, Graham è l’IO che tende per sua natura verso la disidentificazione egoica, ossia il distacco da Crawford e, perciò, dallo status quo sul quale vigila la parte censoria dell’Ego (da Freud denominata Super-Io). In altri termini, Graham è per Lecter una reale possibilità di giungere all’Unione, ossia l’unico modo per usare la Consapevolezza distillata in vita dal Burattino al fine della costruzione di un Doppio Immortale, evitando che divenga ciò che diviene sempre: cibo per i NA.

La tematica del cannibale psicopatico, quindi, è quanto mai aderente all’atteggiamento che l’Io egoico assume dinanzi ai propri Nuclei Alogeni (NA) poiché sa che finirà inevitabilmente divorato da questi. I Nuclei Alogeni, infatti e come descritto più volte nel blog, quali unici oggetti permanenti nell’intera Dualità, si nutrono di Consapevolezza e non sono rari gli episodi onirici all’interno dei quali l’Io Osservatore è posto in modo brutale dinanzi a tale realtà (si ricordi che in Gurdjieff la Consapevolezza è divorata dalla Luna, in Castaneda dall’Aquila ma, di là dell’aspetto confabulatorio di tali descrizioni, la sostanza non cambia).

Di assoluta rilevanza, quindi, è la sottile distinzione operata fra Io Osservatore (IO) e Io Egoico, assumendo il primo come simile a Will Graham, mentre il secondo eguale a una qualsiasi delle vittime del dottor Hannibal Lecter. Ebbene, Ego sa tutto ciò e passa l’intera vita biologica rifugiandosi nel sonno e nell’oblio, nel disperato tentativo di dimenticare quell’orrore.

Per questo il risveglio autentico è così difficile, perché è il frutto di una lotta all’ultimo sangue fra un IO che procede in direzione della disidentificazione e  un Ego che, schiacciato dall’indicibile terrore della morte che lo attende, vi si opporrà sino alla fine.

Per questo la convinzione di molti di essere immortali non è solo un pia illusione, ma un’autentica trappola destinata a tenere l’IO dentro la prigione egoica. L’immortalità, lungi dall’essere un diritto acquisito alla nascita, va conquistata facendo innamorare la Parte Immortale. E questo si può ottenere solo facendo infuriare l’Ego attraverso un Agguato costante e spietato.

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