Parassitismo Psichico

Il parassitismo psichico è un fenomeno che accompagna l’umanità sin dalla sua nascita, ossia da un evento che, come sa chi mi legge, ritengo si sia verificato fra trentacinque e quarantamila anni fa, fors’anche in luoghi diversi del pianeta e grazie all’ingestione, da parte di femmine di Homo Sapiens, di vegetali psicoattivi (parlo di femmine, in ossequio al mito che vuole Eva mangiare per prima il frutto proibito).

Nota – Questo spiega il motivo per il quale non sono mai risuciti a trovare il c.d. anello mancante (tanto che hanno persino abbandonato il concetto). Non potevano trovarlo, poiché lo cercavano nel regno animale e lì non c’è. Sta in quello vegetale.

Ribadisco che la paternità della teoria è di Terence McKenna il quale, tuttavia e alla fine degli anni novanta, la pubblicava fissando la data fatale a circa dodicimila anni fa e ubicando il fatto in Africa. Scoperte archeologiche successive inducono a spostare più indietro tale momento. Inoltre, la considerazione della profonda diversità fra la cultura che si è sviluppata in occidente rispetto a quella orientale, per non parlare di quella del centro-America precolombiano, fa pensare che questo medesimo fatto si sia verificato in più luoghi del pianeta, forse con uno scarto di un migliaio d’anni. Sul punto, poi e considerando la rilevante preponderanza della popolazione cinese rispetto al resto delle razze che popolano il pianeta, sono portato a valutare l’ipotesi che il primo evento si sia verificato proprio lì (l’uscita dal mondo animale, appunto, ha fatto sì che i comportamenti sessuali di quei primi uomini prescindessero dai rigidi schemi ormonali con un inevitabile incremento delle nascite; le nuove abilità messe a disposizione dalla neocorteccia, poi, hanno fatto il resto rendendo più difficile la morte di singoli esemplari umani).

Ebbene, come ho già descritto altrove, l’elemento psicoattivo, che verosimilmente varia a seconda dei luoghi nei quali l’evento si è verificato (DMT in centro-america, psilocibina in Africa e Europa e il mitico soma in Asia), alternativamente porta nel primate qualcosa che prima non c’era, oppure scatena un processo già in atto, in ogni caso spingendo, da quell’istante in poi, l’ipertrofico sviluppo della neocorteccia.

Nota – Propendo per la prima giacché, in ottica evoluzionistica, un evento simile, ossia un organismo che ingoia un altro organismo e riceve da questo, come vantaggio evolutivo, abilità che prima non possedeva, si è già verificato. Mi riferisco al LUCA (Last Universal Common Ancestor), ossia alla prima cellula procariota che, all’incirca 1,5 miliardi d’anni fa, ingoiò un batterio traendo da ciò la capacità di vivere in ambienti nei quali, prima, non avrebbe potuto. Questo diede origine alla classe di organismi denominati eucarioti.

In any way, il parassitismo psichico nasce lì, nell’istante stesso nel quale la prima scimmia bipede ingoia le chiavi biologiche. Questo perché i parassiti psichici sono un prodotto tanto naturale quanto inevitabile della consapevolezza, ossia del frutto più alto dell’intero processo vitale. E questo è vero al punto che i primi sapiens iniziano a coprire le pareti delle caverne che abitano di figure strane. Sono i c.d. teriantropi, ossia figure che stanno a metà fra l’uomo e l’animale e che, con ogni evidenza (almeno per me), sono il frutto della rivoluzione percettiva che le chiavi biologiche hanno portato nei primati.

Ora, proprio i teriantropi sono la raffigurazione dei primi parassiti psichici. Non voglio qui ripetere cose che sono già state trattate in modo egregio da altri. In specifico, segnalo Graham Hancock e il suo saggio “Sciamani” (edito in Italia da Corbaccio e del quale consiglio vivamente la lettura) nel quale l’autore dipinge un quadro vasto e preciso rispetto proprio a questi fatti. Tuttavia, ricordo che Science pubblica nel 2000 una scoperta archeologica sorprendente, avvenuta in Italia settentrionale, vicino a Verona, presso il comune di Fumane, dove è stata trovata una grotta con lastre di roccia riportanti raffigurazioni di teriantropi e che risalgono a un periodo compreso fra i 32000 e i 36500 anni fa.

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Figura 1: http://grottadifumane.eu/wp-content/uploads/2013/09/Sciamano.jpg

Specifico che la Grotta di Fumane non è l’unico ritrovamento in tal senso. Ve ne sono altri, anche se non così antichi (risalgono a circa ventimila anni fa), in Spagna e in Sud Africa che riportano il medesimo motivo di figure umane con attributi zoomorfi. Ora e come si vede dalla didascalia in Figura 1, il petroglifo di Fumane è definito “sciamano” nella convinzione, presumo, che si tratti della classica rappresentazione che i moderni fanno di queste misteriose figure: un uomo con un paio di corna in testa, in atto di danzare qualche rito magico.

Ebbene, di là dall’eventuale costume che, con ogni probabilità, la figura disegnata vestiva, ciò che si dovrebbe comprendere meglio è l’ambito percettivo nel quale si muovevano questi individui. E mi riferisco sia ai primi sapiens consapevoli, sia a quelli che sono esistiti durante l’intero periodo antidiluviano.

Tuttavia e riguardo ai primi, ciò che dovremmo immaginare sono delle scimmie bipedi che, improvvisamente e grazie alle chiavi biologiche, si sono ritrovate, è letterale, con un sole acceso dentro la testa. Donne e uomini (ma soprattutto femmine) che sperimentano spostamenti percettivi che metterebbero in difficoltà chiunque e che, a seguito di ciò, iniziano a usare questo nuovo linguaggio (quello fornito dal terzo cervello, da quell’istante in costante e drammatica espansione) per creare forme-pensiero di formidabile potenza e, allo stesso tempo, parecchio bizzarre.

Forme-pensiero che, sorrette e alimentate dal processo creativo di questi primi uomini, molto presto iniziano a diventare autonome e inevitabilmente sempre più simili a dei. Dei, con buona probabilità, oscuri, ctoni, ossia legati alle profondità del pianeta. Ricordiamo che, in ossequio al mito, se la prima chiave biologica è ingoiata da una femmina, questo non può essere senza significato poiché, quando la prima Eva (o Lucy, se vi piace di più) esce dal trip, l’istinto gregario la spinge a raccogliere altri funghi (o altre piante psicotrope) per portarli al clan. Di seguito, quando i componenti del clan a loro volta ingoiano le chiavi biologiche sperimentando quel tremendo salto percettivo, è inevitabile che le femmine mutino in modo determinante la loro posizione all’interno della gerarchia del gruppo sociale, al punto che il marchio magico è loro per sempre.

Con ogni probabilità, quindi, ha inizio un periodo lunghissimo, destinato a durare sino al Diluvio (5700 a. c.) e durante il quale la società è matriarcale e la magia domina realmente l’intero vissuto. Ovviamente, non si parla della magia del mago Otelma, bensì di un ambito percettivo centrato su una dimensione profondamente psichica, all’interno della quale ogni cosa diviene possibile e ogni fantasia tende a realizzarsi. Al punto che è in quell’epoca e in quell’ambito percettivo specifico che la stirpe parassita affonda le sue radici. Lì, sono nati gli dei e i demoni che hanno accompagnato l’umanità lungo il corso di quarantamila anni.

In proposito, ritengo opportuno riproporre qui uno schema già visto nell’articolo dal titolo L’Ultimo Paradigma:

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Figura 2: Schema di funzionamento del processo creativo

Lo schema rappresenta il funzionamento del processo creativo nell’uomo. Processo che nei rettili è presente solo relativamente alla struttura, ossia al soma (primo cervello, verbalizzazione istintiva). Nei mammiferi ricomprende l’empatia e, quindi, la creazione di legami interpersonali (secondo cervello, verbalizzazione emotiva). Infine, nell’uomo, con la Triade compiuta grazie al terzo cervello, il processo è completato dal linguaggio parlato, ossia dallo strumento tramite il quale l’individuo è, finalmente, capace di produrre consapevolezza (ricordo che la consapevolezza è, anzitutto, informazione e che quest’ultima diviene descrivibile solo attraverso un linguaggio che sia, in essenza, binario).

Il problema è che ogni cosa ha un prezzo. E il prezzo della consapevolezza è la presenza interferente denominata K, la quale sembra proprio l’aspetto negativo della legacy delle chiavi biologiche. Come a dire che, assieme alle formidabili capacità cognitive che derivano dalla neocorteccia, il prezzo da pagare è quello di un’intensa morbosità la quale deriva proprio dalla crescente espansione di questo meraviglioso frutto.

In specifico, sino a che la struttura del brain è priva della neocorteccia, qualsiasi tipo di riflessione è impossibile e questo assicura un atteggiamento “ingenuo” del singolo individuo poiché la morte è dimenticata e, di conseguenza, la vita è vissuta per quel che è. Nei rettili e nei mammiferi, quindi, non esiste dialogo interno, ossia quella confabulazione che, viceversa, è caratteristica dell’essere umano e che, almeno in apparenza, ha il suo motore principale nella paura della morte. In realtà, ciò che terrorizza gli individui è la consapevolezza della vera natura del processo creativo (ossia, il fatto d’essere noi stessi i creatori di quanto ci circonda). Tuttavia, tale terrore è talmente enorme che è mascherato dalla paura della morte.

Ne consegue che, con il terzo cervello, le cose si complicano in modo drammatico a motivo della morbosità che l’architettura a tre cervelli determina. La morbosità, infatti, è il frutto malato della sinergia che si viene a creare fra i centri i quali, in virtù sia del processo educativo, sia dell’azione interferente di K, sviluppano fra essi veri e propri circuiti nevrotici e che si caratterizzano variamente, secondo i sottostanti rapporti di forza, formando ciò che ho definito l’ibridazione delle pulsioni autonomamente generate da ciascun centro.

In altre parole e per usare il linguaggio gurdjieffiano, i centri, sia a causa del processo educativo sia, soprattutto, per l’interferenza kappiana, tendono a inserirsi in ambiti che non competono loro, in questo modo ibridando le rispettive pulsioni. Nei sogni, tali pulsioni ibride prendono le sembianze di animali e così: i gatti (animali a sangue caldo con pupilla verticale) sono ibridi di pulsioni rettili ed emotive, gli uccelli (animali volanti discendenti dei dinosauri) sono ibridi di pulsioni rettili e intellettuali e via descrivendo.

Ora, questo meccanismo d’ibridazione è precisamente la fonte delle nostre fissazioni, delle nostre manie, nonché la base della proliferazione delle nostre paure e, di conseguenza, della creazione parassita. In sostanza, accade che il dialogo interno è descrivibile come un atto di riflessione continua dell’informazione fra i tre centri, proprio come fossero degli specchi.

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Figura 3: Processo di riflessione fra i centri e sue conseguenze.

Se il sistema fosse armonioso, se i centri lavorassero solo con le informazioni che li riguardano, la creazione parassita avverrebbe comunque. Tuttavia, si tratterebbe di parassiti (macchine) utili. L’esempio è sempre quello del bambino che impara a legarsi le scarpe. In questo caso, il processo di apprendimento del meccanismo crea certamente una macchina neurale alla quale è associato, a livello psichico, un parassita. Tuttavia, si tratta di una macchina utile (nello schema è rappresentata dalle sfere monocolore) con la conseguenza che il parassita non procura alcun danno, anzi, svolge compiti che sono variamente utili (alla sopravvivenza piuttosto che ai comportamenti pro sociali).

Il problema, tuttavia, è il processo d’intensa riflessione denominato dialogo interno (simboleggiato dal triangolo di frecce tratteggiate) che ha come motore la paura del potere creativo prima e della morte poi. Processo, come detto, innescato dall’educazione e alimentato dall’interferenza kappiana. Ebbene, questo processo, che si configura come una fuga continua dall’oggetto generatore di paura, tende a creare, nel centro del triangolo, forme-pensiero dai contenuti più diversi e spesso bizzarri. Quei medesimi contenuti, nel caso il meccanismo descritto superi un determinato limite, li ritroviamo sia nelle nevrosi, sia nelle psicosi.

Nota – personalmente, ritengo sbagliata la nomenclatura del DSM e, di conseguenza, continuo ad adottare la vecchia distinzione fra nevrosi e psicosi, specificamente nell’accezione junghiana. Riunire ogni tipo di patologia sotto la definizione di disturbo (variamente caratterizzato) lo ritengo un errore. Tuttavia, non è argomento di questo lavoro.

L’intero processo, poi, è fortemente influenzato dal cervello rettile il quale, com’è noto, è depositario della direttiva con precedenza più alta nel sistema: la sopravvivenza dell’organismo biologico. Questo, oltre a connotare inevitabilmente sia le macchine neurali, sia i relativi parassiti, in senso prevalentemente rettile (ma non solo), spiega bene la coazione all’accumulazione, presente nell’umanità sin dall’età del bronzo (coazione del tutto assente, a parte rarissime eccezioni, nel regno animale e che, tra l’altro, ha portato il mondo al dissesto ecologico).

A ciò si potrebbe obbiettare che, avendo posto la nascita della consapevolezza a più di trentamila anni prima dell’età del bronzo, tale coazione avrebbe dovuto manifestarsi da subito. Questo, tuttavia, potrebbe essere vero solo in parte e, in ogni caso, in modo sempre meno marcato man mano che ci si sposta nel passato, soprattutto se consideriamo la suddivisione proposta e che definisce: l’intero periodo anti-diluviamo come “infanzia dell’umanità”, il periodo cha va dal diluvio alla vicenda cristica come preadolescenza, mentre gli ultimi duemila anni come adolescenza.

In sostanza, quello appena descritto è il processo di formazione dell’io razziale, ossia un evidente work in progress con la conseguente realizzazione graduale delle strutture decisionali più complesse. Per maggiori dettagli, si può vedere Quantum Jump, tuttavia si tenga conto del fatto che proprio questa realizzazione progressiva dell’io razziale, che è sintesi dei singoli campi psichici che compongono l’eggregora umana, comporta necessariamente una modificazione drammatica della produzione parassita.

È questo, infatti, il motivo che sta alla base della differente narrazione con la quale, durante i millenni, è descritto il mondo parassita. All’inizio, con ogni probabilità, vi sono forze ctonie che lentamente divengono deità spostandosi verso il cielo e formando i vari pantheon rinvenibili in ogni cultura e, di conseguenza, i miti di creazione.

In sostanza, il mondo parallelo che da sempre segue l’uomo, lo abbiamo creato noi. E lo abbiamo fatto grazie ai pattern cognitivi, ossia alle librerie d’immagini che ci appartengono e che mutano seguendo la progressiva strutturazione dell’io razziale la quale, a sua volta, procede in modo strettamente legato a diversi fattori, non ultimo quello che ho definito psicoentropia (per chi ne voglia sapere di più su questo argomento, c’è Apocalypse).

Ciò che accade nel corso di questi quarantamila anni, quindi, è una produzione psichica che muta nel tempo e che, di conseguenza, vede il mondo magico dei primordi trasformarsi in un pantheon politeista per, poi, divenire monoteismo e sino alla morte di “dio” (almeno di quello cristiano). E, in mezzo a tutto ciò, ci sono le leggende e le favole delle diverse culture: i Jinn del mondo arabo, gli angeli e i demoni della cristianità, il Sidhe della tradizione celtica, il Woodo delle Antille, la magia Wu cinese. Potrei continuare a lungo, ma il senso è quello di un piano psichico reale, gremito di parassiti scaturiti dall’attività creativa di una specifica etnia.

Molto brutalmente, sto affermando che “dio” è un parassita, esattamente come lo sono gli angeli, i demoni, le fate, gli gnomi, i vampiri, gli zombies e gli alieni. Attenzione, non sto dicendo che tutta questa roba non esiste. Esiste eccome, solo che lo fa su un piano esclusivamente psichico giacché è il frutto del processo creativo deviato sopra descritto.

Conclusione

A questo punto, ci si potrebbe (legittimamente) chiedere il motivo che mi ha portato a scrivere questo articolo. Ebbene, la causa del mio sforzo sta nelle conseguenze che la produzione parassita ha sulla declinazione del potere creativo.

Vi è uno schema che ho già proposto nel lavoro dal titolo Il Filo del Rasoio e che intendo riproporre qui.

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Figura 4: Parassitismo psichico.

Si tratta della rappresentazione grafica di ciò che chiamo parassitismo psichico e che, come si vede, riguarda esclusivamente le strutture che ho denominato macchine neurali. Ciò che si deve fare, al fine di comprendere la natura nascosta del parassitismo psichico, è immaginare che a ciascuna delle macchine rappresentate intorno all’io osservatore siano attaccati uno o più parassiti. Per intenderci e restando al discorso fatto sopra, rispetto alla generica macchina denominata “convinzioni religiose”, possiamo immaginare un join non solo con “dio”, ma anche con tutta una serie di figure, appartenenti a una produzione secondaria, molto più “privata” alla quale l’individuo ha dato vita nel corso della sua esistenza.

Ora e considerando l’elevato numero delle macchine neurali presenti in un singolo individuo e moltiplicandolo per i miliardi di persone che popolano il pianeta, è possibile farsi un’idea di cosa possa essere, nella sua totalità, il campo psichico dell’eggregora umana. Per dirla con chiarezza, un luogo davvero mefitico.

Sì, perché, esattamente come avviene per le macchine neurali, i parassiti, una volta creati, tendono a diventare autonomi. Intendiamoci, non hanno alcuna autonomia rispetto alla cifra che li caratterizza, nel senso che un grosso parassita creato, ad esempio, da un tratto paranoide non potrà che generare pulsioni paranoidi negli individui con i quali viene in contatto. Tuttavia, essendo frutti del nostro potere creativo, possiedono un’inerzia psichica che è direttamente proporzionale all’energia che è stata impiegata per crearli. Questo dà conto, ad esempio, della longevità di un parassita come “dio” il quale, non solo è stato creato da un atto corale, ma l’esistenza del quale è stata alimentata in modo compulsivo per migliaia d’anni attraverso riti specifici come la preghiera (in ogni religione) e le varie celebrazioni eucaristiche (nel cristianesimo).

Da ciò, possiamo inferire che la produzione parassita non è un’esclusiva del singolo individuo ma, a questo punto e riguardo agli esemplari più grossi e invadenti, anche delle eggregore. E ciò per banale logica quantitativa: più energia è impegnata nella creazione del mostro, più questo sarà grosso e potente.

Infine, l’unico modo per liberarci dal parassitismo psichico è cessare di produrre parassiti. E, per farlo, è necessario uscire dal sonno distruggendo le macchine neurali (almeno quelle dannose o inutili). Sì, sempre che avvertiate la necessità di liberarvi.

 

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6 Risposte a “Parassitismo Psichico”

  1. Mi riesce difficile intendere il dialogo interno come mosso dalla paura del potere creativo. Vederlo mosso dalla paura della morte è di più immediata intuizione. Eppure, a quanto pare, la paura della morte opererebbe solo in seconda battuta.
    Ma perché il nostro stesso potere creativo ci terrorizzerebbe tanto? E in ogni caso, preliminarmente, sarebbe bene intendersi sulla portata dell’espressione “potere creativo”.
    Di cosa parliamo, del potere di creare una particolare visione, una particolare percezione, per dirla con Castaneda, una collocazione del punto d’unione? O parliamo di un potere creativo del tipo di quello attribuito tradizionalmente dal mito a una entità come Dio? È vero che potrebbe rispondersi che, in un certo senso, non c’è differenza ma, mi domando, colui che ingerì le prime chiavi biologiche (e che fino a quel momento era uno dei tanti mammiferi che non so se creino mondi) le reperì in un mondo creato da chi? Grazie

    1. Diciamo che la paura è strutturata come le bucce di una cipolla. La buccia più esterna è quella della morte fisica. Tale buccia, però, copre (maschera) quella sottostante, ossia quella del potere creativo. Il tutto per nascondere completamente la paura vera, ossia quella della solitudine della Coscienza Creatrice.

      Il potere creativo dev’essere dimenticato poiché, ricordandolo, l’uomo riacquista la consapevolezza d’essere un frammento di Coscienza Creatrice e, di conseguenza, il motivo che ha spinto la CC a fuggire dall’Uno: la solitudine eterna.

      Sulla reale natura del potere creativo t’invito a rileggere Medusa (https://honros.wordpress.com/2016/12/29/medusa/) e Smontare il Mistero della Percezione (https://honros.wordpress.com/2018/01/15/smontare-il-mistero-della-percezione/)

      Infine, non esiste alcuna contraddizione fra la visione creazionista e quella evoluzionista poiché possono coesistere benissimo eessendo il primo atto, il Big Bang, la spinta del successivo processo evolutivo. E, all’interno di tale processo, ogni organismo biologico si è evoluto, comprese le Chiavi.

      Il problema, quindi, è che se un creatore esiste senza alcun dubbio, esso è pensabile come qualcosa di privo di limiti, dotato di coscienza, ma del tutto privo di consapevolezza, essendogli questa negata proprio dallo stato di Uno nel quale di trova un attimo prima della creazione.

  2. Che ne pensi della teoria di gurdjieff secondo la quale, la scimmia deriva dall’uomo e non viceversa? Teoria confermata anche da Steiner tra l’altro…

    1. Quel che c’è, almeno sino a ora, come evidenza della ricerca è che lo scimpanzé ha 48 cromosomi, mentre noi ne abbiamo 46 e che questo fatto sia molto probabilmente dovuto a un’aberrazione cromosomica denominata Traslocazione Robertsoniana. Dove e quando tale aberrazione abbia avuto luogo non è ancora chiaro.Tuttavia, tratto specificamente l’argomento in questo articolo: https://honros.wordpress.com/2018/04/23/le-chiavi-biologiche/ (di seguito, se hai voglia, leggi anche questo: https://honros.wordpress.com/2016/02/08/la-chiave-di-volta/)

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