Le Chiavi Biologiche

In questo blog, diverse volte ho trattato delle c. d. Chiavi Biologiche (CB), cercando di trasmettere al lettore quello che ritengo essere una punto di vista verosimile delle cause che hanno portato alla nascita dell’uomo, così come oggi lo conosciamo. La teoria originale è di Terence McKenna che la presenta alla fine del secolo scorso e sta tutta nell’affermazione che la neocortex, il terzo cervello, sia il frutto fisico dell’azione delle Chiavi Biologiche (pislocibina et similia), ingerite per errore da alcuni primati del tipo Homo Sapiens.

Cercherò, quindi, di non ripetere cose già scritte (v. La Chiave di Volta). Piuttosto, il presente lavoro mi servirà per entrare nel dettaglio della descrizione di talune di queste Chiavi. Segnatamente delle due che conosco in modo diretto per averle sperimentate (psilocibina e mescalina), nonché di una terza (DMT) che non ho mai impiegato ma che si pone, almeno nei resoconti di tutti coloro che l’hanno conosciuta, forse come la più potente in natura.

L’idea di fondo, quindi, è che, già a partire dalle australopitecine, i primati abbiano compiuto un lentissimo percorso evolutivo (della durata di circa 5 milioni d’anni) teso a preparare il brain al Salto Evolutivo costituito dall’appuntamento con le Chiavi Biologiche, avvenuto, almeno in base ad alcune evidenze archeologiche, fra i 35 e 40 mila anni fa (v. Parassitismo Psichico).

Nota – Aggiungo che un tale evento deve essersi verificato, con uno scarto di poche migliaia d’anni, in diverse parti del pianeta e, di conseguenza, grazie a sostanze diverse (psilocibina in Africa/Europa, mescalina e DMT in Centro America e il mitico soma in Oriente). L’evidenza di una tale dinamica, a mio avviso è marcata, ad esempio, dalla profonda diversità che esiste fra gli assetti filosofici delle tradizioni orientali e occidentali (per non parlare del Nuovo Mondo).

L’ho già scritto, tuttavia intendo qui rimarcarlo: l’incontro dei Sapiens con le Chiavi Biologiche ripete (solo su scala diversa) il medesimo meccanismo evolutivo attuato dal LUCA (Last Universal Common Ancestor) circa 1,4 miliardi d’anni prima. Là, una cellula procariota ingoia un batterio il quale porta informazioni genetiche delle quali la cellula era sprovvista (e che le consentiranno di vivere in ambienti nei quali prima non avrebbe potuto), qui un primate ingoia un fungo o una pianta la quale compie la medesima cosa, ossia apporta un vantaggio evolutivo tramite nuove informazioni genetiche. Solo che, in quest’ultimo caso, le nuove informazioni sono talmente complesse e potenti da scatenare lo sviluppo ipertrofico della neocortex e, di conseguenza, la nascita della Coscienza nella forma di consapevolezza separata: l’uomo.

Le Chiavi Biologiche, quindi e sotto questo stretto profilo, sarebbero precisamente definibili come dei carriers genetici ai quali è affidato un unico compito: scatenare il VI Salto Evolutivo portando dentro al primate (Homo Sapiens) qualcosa che prima non c’era, ossia l’informazione relativa a una struttura estremamente complessa e sofisticata la quale determinerà da quell’istante la trasformazione di un primate (animale a due cervelli) in un uomo compiuto (animale a tre cervelli).

Tabella 1: Salti Evolutivi

SALTO EVOLUTIVO ANNI EVENTO
I -13,82 mld Big Bang
II -4/5 mld Comparsa della vita biologica
III -1,4 mld Last Universal Common Ancestor (LUCA)
IV -230 mln Comparsa del Cervello rettile (sauri)
V -150 mln Comparsa del Cervello emotivo (mammiferi)
VI -35000/-40000 Neocortex (Uomo)
VII Adesso ?

Tuttavia, prima di affrontare il discorso delle Chiavi, vorrei soffermarmi brevemente su alcuni aspetti problematici, legati in modo diretto ai meccanismi evolutivi i quali, almeno nel caso dei Sapiens, hanno tenuto in scacco gli osservatori per diverso tempo.

Anzitutto, c’è da considerare che, almeno sino alla metà del secolo scorso, la scienza era convinta che l’uomo avesse, al pari degli scimpanzé, 48 cromosomi. Oggi sappiamo che, in realtà, i cromosomi dell’uomo sono 46 (23 coppie). Il problema, dunque, è capire come e perché, stante la costanza della teoria evoluzionista, i Sapiens abbiamo perduto due cromosomi. E la risposta si ritrova in un meccanismo denominato Traslocazione Robertsoniana (12 13).

Ora, una traslocazione è un‘aberrazione cromosomica derivata da un errato scambio di parti di cromosomi non omologhi durante il (ri)arrangiamento cromosomico. Per dirla in modo più semplice, circa un milione d’anni fa, in un primate forse della specie Homo Sapiens (con 48 cromosomi), i segmenti 12 e 13 (che ancora esistono negli scimpanzé) si attorcigliarono tra loro alle estremità, fondendosi in un’unica struttura (il cromosoma 2). Risultato: un Sapiens con 47 cromosomi.

I numeri della traslocazione robertsoniana sono dell’ordine di 1/1300, ossia un caso su ogni milletrecento neonati e quasi sempre senza danni poiché la fusione avviene in un segmento privo di geni (le conseguenze comportano il possesso di un fenotipo normale da parte dei portatori i quali, infine, hanno solo una più alta probabilità di generare figli affetti da disturbi genetici). Il problema, quindi, non sta nella pericolosità di tale fenomeno, bensì nella sua frequenza poiché un Sapiens 47  è solo a metà del guado. Costui, infatti, oltre alla necessità di perdere un altro cromosoma, deve anche potersi riprodurre e, nelle condizioni nelle quali si trova dopo la prima fusione, l’incrocio con le australopitecine precedenti (Australopithecus Afarensis, Australopithecus Africanus, Homo Habilis, etc.) è destinato a generare solo prole sterile.

Senza entrare nel dettaglio, il Sapiens 47 ha una probabilità su sei di replicare la sua situazione in un discendente. Probabilità che salirebbe in modo significativo se ci fosse una femmina altrettanto qualificabile come Sapiens 47. Ebbene, per sostenere questa linea di pensiero, la scienza prospetta uno scenario nel quale vi siano due fratelli Sapiens 47 che si accoppiano. In sostanza, si porta l’intera vicenda della casualità di tali fusioni a livello clanico, ipotizzando rimescolamenti fra parenti strettissimi. Si afferma, quindi, che se il clan è abbastanza piccolo, le probabilità di un incrocio fra due Sapiens 47 e, quindi, di una doppia fusione, crescono molto. Il resto lo dovrebbe fare, in caduta, il ricalcolo combinatorio.

Nota – A sostegno di tale descrizione sono portati due casi. Un ragazzo cinese in perfetta salute con una fusione sulle coppie 15 e 16, ossia con 44 cromosomi e una famiglia finlandese che, per nove generazioni, ha gestito una fusione cromosomica fra i segmenti 13 e 14.

Ecco, avrei delle riserve su questo tipo di descrizione perché nonostante si ponga come un’evidenza cotta e mangiata, nel medesimo tempo presenta un aspetto che sembra tutt’altro che conseguente. Mi riferisco al meccanismo relativo ai rimescolamenti intraclanici. Non intendo negarli poiché nel mondo animale accadono. Tuttavia, la dimensione etologica dei Sapiens 48 non è aderente a quanto atteso in un behaviour animale. Affermo che i Sapiens 48 sono da considerarsi animali a sangue caldo, esattamente come un leone, una giraffa, un topo o, appunto, una scimmia. E questo comporta un fatto molto preciso, ossia che i comportamenti riproduttivi sono regolati esclusivamente dalla produzione ormonale, con la conseguenza che il Sapiens 48 non aveva alcuna libertà di scelta rispetto a se, quando e come copulare. Ciò perché la facoltà di scelta è un’esclusiva della neocorteccia (organo che nel Sapiens 48 non esisteva ancora).

Accanto a ciò, persiste la considerazione che se nel mondo animale la Traslocazione Robertsoniana fosse un fatto così facile da verificare, non si capisce per quale motivo la mutazione da Sapiens 48 a Sapiens 46 abbia tardato quattro o cinque milioni d’anni a intervenire. Similmente, non è chiaro perché tale mutazione non si sia verificata per gli scimpanzé o per le altre scimmie bipedi (oh, non è nemmeno chiaro quanti cromosomi avesse il Neanderthal, ma non ci complichiamo troppo la vita, in ogni caso par di capire che tale mutazione sia data una sola volta).

Tuttavia, di là dai miei dubbi, è evidente che si tratta comunque di un evento di probabilità sensata e che, perciò, non può essere escluso. In verità e a ben guardare, un tale evento potrebbe non confliggere affatto con la descrizione che vado proponendo poiché avremmo un evento preparatorio (traslocazione e conseguente mutazione dei Sapiens o dell’antenato comune di Sapiens e Neanderthal) grazie al quale il brain si predispone al vero Salto Evolutivo. Salto che sarebbe intervenuto solo molto più tardi (fra trentacinque e quarantamila anni fa) per l’effetto delle Chiavi Biologiche.

Ecco, questo potrebbe avere senso e spiegherebbe l’ipertrofica espansione della neocorteccia in un tempo brevissimo. Spiegherebbe molte cose, in effetti. Diciamo che la sola cosa che manca è una ricerca biogenetica che testi la teoria in discorso, ossia che il VI Salto Evolutivo è avvenuto per effetto di sostanze psicoattive veicolate da funghi e/o piante ingerite dai Sapiens (a quel punto, forse già Sapiens 46 e, tuttavia, ancora privi del terzo cervello). Si consideri che le specie da indagare sono, con l’unica eccezione del soma, tutte conosciute.

Ciò che intendo enfatizzare, quindi, è questa specifica sinergia fra l’aberrazione cromosomica da una parte la quale prepara il brain environment e una pompa genetica concretata dalle CB che quell’ambiente modificherà in modo drammatico. Il tutto formalizzato come segue:

T + C = N

Dove “T” sta per Traslocazione, “C” per Chiavi Biologiche e “N” per Neocortex.

Ora, come premesso, cercherò di illustrare tre Chiavi: Psilocibina (P), DMT (D) e Mescalina (M) facendo riferimento sia alla mia esperienza diretta, sia ad alcune informazioni già disponibili in rete. Avverto che la trattazione che segue non è completa e nemmeno intende esserlo. Di conseguenza, se taluno volesse una conoscenza più tecnica e approfondita, può farsi un giro qui o qui.

Altresì, premetto che non tratto, se non incidentalmente, la dietilammide dell’acido lisergico (LSD 25) perché, a differenza degli alcaloidi presenti in natura, è qualcosa di profondamente meccanico e privo della potente caratterizzazione soggettiva propria di questi ultimi. Talmente potente che chiunque sperimenti gli alcaloidi naturali ne ricava la convinzione di avere a che fare con qualcosa di vivo ed enormemente intelligente. Cosa che manca del tutto nell’LSD il quale, ne sono persuaso, è il prodotto del pensiero debole proprio del razionalismo.

Nota – Quando, Hoffman scrive LSD: Mein Sorgenkind (LSD: il mio bambino difficile) testimonia proprio questo parto. Hoffman, in veste di punta più eccentrica del razionalismo, partorisce concretamente una Chiave Inorganica che, proprio perché tale, egli non riesce a capire. Ci prova, ma inutilmente perché da razionalista ha semplicemente negato la parte infinita dell’equazione e ora, a confronto con quel demone, è in un mare di guai.

So, here we go.

Le Chiavi Biologiche

La Psilocibina è una triptammina presente in oltre 200 specie di funghi, genericamente noti come funghi psilocibinici. Si tratta di una sostanza che agisce sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) solo a seguito di un processo di de-fosforilazione (una reazione d’idrolisi di un estere dell’acido fosforico nella quale si liberano l’acido fosforico e un alcol) e che la trasforma in Psilocina.

Chiavi Biologiche_Indolo
Figura 1: Psilocibina, Psilocina e DMT – Confronto formule.
Mescalina
Figura 2: Formula della Mescalina

La cosa curiosa, se volete, è che Psilocibina e Psilocina hanno una struttura chimica simile ai neurotrasmettitori endogeni serotonina e dimetiltriptammina (Figura 1). E, come appare evidente dalla schema proposto, tale somiglianza è manifestata dal fatto che Psilocibina, Psilocina e DMT hanno in comune una struttura che in chimica prende il nome di Indolo (un eterociclo aromatico risultante dalla condensazione di un anello benzenico, l’esagono in Figura 3, sulle posizioni α e β del pirrolo avente formula C8H7N):

indolo
Figura 3: Indolo

L’indolo è prodotto dalla degradazione di Triptofano e Scatolo (sostanza quest’ultima che, a concentrazioni elevate, è responsabile dell’odore delle feci, viceversa a quelle basse sprigiona essenze di gelsomino e arancio) e compare negli scheletri delle tre molecole. A motivo di ciò sia la Psilocibina, sia la DMT sono detti alcaloidi indolici (classe molto numerosa) dei quali si afferma che sono di origine prevalentemente naturale.

Nota – È curioso come anche la Dietilammide dell’Acido Lisergico (LSD) sia edificata sulla medesima base:

LSD
Figura 4: LSD, si può vedere l’indolo alla base della molecola

La definizione di alcaloide (alcali = basi) fu proposta nel 1819 da Meissner il quale classificò queste sostanze come composti di origine vegetale a struttura complessa contenenti azoto. Tuttavia, tale definizione grezza conobbe successivo affinamento nel 1982 da parte di S. W. Pelletier il quale, fra le altre cose, affermò che gli alcaloidi non necessariamente sono un prodotto di organismi vegetali (questo, quindi, solo dopo la scoperta dell’LSD, sintetizzato per la prima volta nel 1938 nei Laboratori Sandoz di Basilea da Albert Hofmann).

Ebbene, da allora la ricerca ha individuato un numero enorme di alcaloidi di origine sia vegetale, sia animale. Il seguente frammento è tratto da Chimica delle Sostanze Organiche Naturali di Ornelio Rosati:

Circa 500 alcaloidi sono stati ritrovati nella pelle delle rane della famiglia Dendrobatidae. Sembra che siano immagazzinati, senza rimaneggiamenti, nelle ghiandole epidermiche delle rane a partire da alcaloidi contenuti in alcuni artropodi. Formiche, coleotteri e millepiedi sembrano essere l’origine delle decaidroquinoline, di alcune izidine, coccinelline e spiropirrolizidin-ossime. Tuttavia l’origine alimentare del principale gruppo di questi alcaloidi cutanei (pumiliotossine, allopumiliotossine e homopumiliotossine), sembra essere un mistero.

Un mistero, dice Rosati. In realtà, basterebbe leggere il dato in funzione della nascita della Coscienza per vaporizzare ogni mistero. Si consideri, per esempio, che gli alcaloidi sono maggiormente presenti nelle famiglie di vegetali commestibili (Leguminose, Solanacee) mentre sono praticamente assenti nei vegetali che non entrano nella dieta degli esseri umani (le conifere, le felci, i muschi, i licheni, le epatiche, gli sfagni, etc.).

In altri termini, a me pare piuttosto sensato pensare che gli alcaloidi dovevano svolgere la funzione precisa di trigger del processo di nascita e accrescimento della neocortex. Un inciampo naturale di dimensioni talmente estese da essere inevitabile per i Sapiens i quali, complice il passare del tempo, vi sarebbero invariabilmente incappati. In ragione di ciò, gli alcaloidi sono da sempre stati presenti in natura in misura molto importante (come si dice della DMT, è più facile trovarla che il contrario, tanto sono numerosi gli organismi biologici, vegetali e animali, nei quali è presente).

La N,N-dimetiltriptammina (N,N-DMT o DMT) è una triptammina psicoattiva endogena. Con ciò si vuol significare che essa è presente, oltre che in molte piante, anche nel fluido cerebrospinale degli esseri umani. Questo significa che prima ho fatto un’affermazione scorretta: non è vero che non l’ho mai sperimentata, in realtà e come tutti, lo faccio ogni notte mentre sogno. Il problema è che, a prescindere da quanta ne produciamo, la concentrazione ematica di DMT è metabolizzata molto rapidamente (questione di pochi minuti). Ne consegue che, vuoi per questo motivo, vuoi per il fatto che il nostro terzo cervello se la dorme della grossa, le conseguenze percettive sono tutte gestite riducendo al minimo qualsiasi squilibrio.

Sintetizzata per la prima volta nel 1931 da Richard Manske è probabilmente l’alcaloide naturale più potente in assoluto e anche quello che pone i problemi più ardui. Infatti, la sua semplice ingestione è destinata a restare senza alcun effetto poiché l’alcaloide è distrutto dall’enzima monoammino ossidasi (MAO-A e MAO-B) prima di arrivare al sangue.

La DMT pura, quindi, può essere solo inalata, fumata, iniettata o, come sostengono alcuni, assunta per via rettale (sono stati trovati piccoli clisteri in America centrale che si pensa fossero usati per tale scopo).

Ne consegue che chiunque intenda sfruttare il potere psicoattivo della DMT ingerendola è tenuto a risolvere questo specifico problema. Certo, poi uno va in Amazzonia, si beve l’ayahuasca e parte per le Pleiadi, scoprendo che è fatta usando due piante diverse: la Psycotria Virdis che fornisce la DMT e la Banisteriopsis Caapi che fornisce la molecola che inibisce la monoammino ossidasi.

Non solo. I MAO inibitori delle β-carboline sono armina, armalina e tetraidroarmina e sono tutti presenti nei rami di Banisteriopsis Caapi. Inoltre, il procedimento di fabbricazione della bevanda prevede diverse ore di cottura in acqua, nonché precisi quantitativi di materiale grezzo di entrambe le piante. Ancora, la Banisteriopsis (una liana legnosa) è battuta ripetutamente per facilitare l’estrazione dell’inibitore che avviene con la bollitura.

Ciononostante, sembra che nessuno sia interessato a capire come questi selvaggi siano potuti giungere a questo tipo di conoscenza.

Any way, se avete avuto qualche volta nella vita quelli che Jung chiamava Grandi Sogni, allora forse potete farvi una pallida idea dell’esperienza concessa dalla DMT. Viceversa, ci sono sia il magnifico lavoro di Rick Strassman DMT: The Spirit Molecule, sia i siti di Lycaeum ed Erowid (linkati più sopra) dove potrete trovare di tutto e di più.

Dal mio punto di vista (di totale profano rispetto a questo alcaloide), mi par di capire che viaggi sulla medesima lunghezza d’onda degli altri alcaloidi indolici, ossia libertà percettiva pressoché assoluta. Tuttavia, sul punto torno più avanti perché ci sono un paio di riflessioni che devono essere fatte in modo più approfondito.

La Mescalina (3,4,5-trimetossi-β-fenetilammina) è un alcaloide psicoattivo contenuto principalmente nel peyotl (Lophophora williamsii), una cactacea originaria di alcuni deserti messicani (diciamo San Luis Potosí e Sonora dei quali sono certo perché ci sono stato).

Nota – La Mescalina fa parte della c.d. mezza dozzina magica (magical half-dozen) di Alexander Shulgin. La mezza dozzina magica si riferisce ai più importanti composti di fenetilammina sintetizzati da Shulgin (con l’eccezione della Mescalina, ovviamente) e da lui ritenuti particolarmente importanti. Sono elencati e descritti nel primo libro PIHKAL: A Chemical Love Story e sono i seguenti:

Mescaline (3,4,5-trimethoxyphenethylamine);

DOM (2,5-dimethoxy-4-methylamphetamine), DOM being short for desoxy methyl, referring to the removal of the Oxygen atom from the Methoxy group on the “4” carbon;

2C-B (2,5-dimethoxy-4-bromophenethylamine);

2C-E (2,5-dimethoxy-4-ethylphenethylamine);

2C-T-2 (2,5-dimethoxy-4-ethylthiophenethylamine);

2C-T-7 (2,5-dimethoxy-4-propylthiophenethylamine).

Come premesso, vorrei tornare sulla problematica delle differenze fra le sostanze e, incidentalmente, sull’ulteriore differenza che è possibile tracciare fra molecole pure e le medesime molecole espresse dai rispettivi carriers (Peyotl per la Mecalina, funghi psilocibinici per la Psilocibina, Ayahuasca per la DMT).

Nel mese di novembre dell’anno 1999, eravamo in cinque su una grossa Dodge che stava percorrendo la strada che da Cuernavaca porta a Real Catorce. Un percorso di seicento chilometri che coprimmo in un giorno, dal sud del Messico sino al limitare del Desierto de San Louis Potosì, nel Messico centrale, dove, dicevano i miei compagni di viaggio, avremmo trovato il peyotl, la mierda del desierto. Ero arrivato dall’Europa per incontrarlo e, nonostante nessuno di loro lo avesse mai sperimentato prima, erano tutti determinati a tentare l’impresa insieme a me.

Foreign tourists are heading to the Mexican desert to try the peyote cactus
Figura 5: Foreign tourists are heading to the San Louis Potosì desert to try the peyote cactus

Tralascio i dettagli. Dirò solo che, dopo avere pernottato a Real Catorce, la mattina seguente ci inoltrammo con la Jeep nel deserto, sino a raggiungere un luogo di nome Las Animas (sì, da non credere). Qui, trovammo poche casupole di campesinos e, presso una di queste, affittammo un cuarto (un tugurio dentro il quale erano dei pagliericci luridi sui quali avremmo dovuto dormire).

Sistemata la logistica, entrammo a piedi nel desierto e, tempo qualche ora, avevamo raccolto alcuni boccioli di peyote, alcuni adulti (7/8 cm di diametro) e altri più piccoli.

Iniziai a masticare la merda del deserto verso le 6 del pomeriggio riuscendo a ingoiare un intero bocciolo adulto e un pezzettino di quello più piccolo (il sapore del peyote è crudele, tanto è ributtante). Nel giro di un’ora vomitai qualunque cosa avessi anche solo annusato durante gli ultimi sei mesi e, subito dopo, stavo da un’altra parte. Tutti stavamo da un’altra parte, in effetti. L’umanità era scomparsa e noi cinque eravamo tutto ciò che la rappresentava.

Eravamo lì da sempre e saremmo rimasti lì sino a che almeno uno di noi non avesse risolto il problema. Quale problema? Al tempo non ne avevo la minima idea. L’unica certezza che avevo era di non sapere ma, in qualche modo, sapevo che il peyotl sapeva che io non sapevo. Eppure, era indifferente. Faceva il suo lavoro in modo impeccabile e, per contropartita, pretendeva la medesima impeccabilità.

Mescalito è severo. Non ve lo dimenticate questo perché, se non siete pronti, vi farà a pezzi. In effetti, però, si può esser pronti per diverse cose, compreso l’essere fatti a pezzi. E fu esattamente ciò che Mescalito fece a me.

Penso abbiate notato l’assenza del nucleo dell’Indolo nello scheletro della molecola (Figura 2). Ecco, questo fatto è vissuto a livello d’esperienza concreta come una sorta di rivoluzione percettiva, nel senso che un raffronto fra l’esperienza con la Mescalina e quella con la Psilocibina non ha il minimo senso, tanto sono diverse. Tuttavia, se chiedete in quale modo sono diverse, la descrizione diventa davvero difficile. Potrei affermare che il piano sul quale si svolge l’intera esperienza è totalmente diverso perché se con la Psilocibina (e presumo anche la DMT) la libertà è massima, con la Mescalina non esiste alcuna libertà.

Quando porti Mescalito dentro di te, ti ritrovi catapultato in un universo parallelo. La sua casa, potrei dire e sarebbe corretto. Un luogo dove tutto è pericolosamente mortale e dove non sono ammessi errori.

Per ciò che ho visto, l’intera esperienza è divisa in due parti.

Una prima parte durante la quale Mescalito ti fa parlare, limitandosi a guardarti, silente. Si tratta di momenti di grande beatitudine. C’è conoscenza, calore, intensità crescente, verità. Nulla può farti sospettare che, in realtà, sei dentro una trappola mortale, perciò ti apri e parli. Parli tanto, non necessariamente ad alta voce, ma il tuo Dialogo Interno aumenta d’intensità e spessore, tanto da rendere invisibile ciò che sta accadendo a livello del tuo centro emotivo. I pensieri filano velocissimi e il tuo cuore è aperto come un melograno maturo. Insomma, un’autentica luna di miele durante la quale godi di una comprensione estesa e brillante, al punto che ti convinci che nulla possa rimanerti nascosto.

Nel giro di un paio d’ore (forse tre) ha inizio la seconda parte dell’esperienza, durante la quale è lui a parlare per chiederti cose molto precise e, solitamente, impossibili perché riguardano pezzi di Falsa Personalità ai quali ti chiede di rinunciare. E se ti rifiuti, ci pensa lui … tacci sua. Solo allora capisci quel che è accaduto davvero. Tutto è avvenuto a livello del tuo centro emotivo, mentre tu ti stavi baloccando con il tuo centro intellettuale, lui ha guardato profondamente in te. E ora, tu per lui non hai più alcun segreto.

Mescalito è K? Questa la domanda che per anni mi sono posto, ma alla quale ancora non sono riuscito a rispondere. Sta di fatto che, per farla breve, nel novembre 1999, nel deserto di San Louis Potosì, Mescalito mi ha crocifisso. Se sono vivo, lo devo solo al ricordo della mia famiglia. Senza quel ricordo che mi tenne ancorato al terreno, ci sarei morto in quel tugurio. In verità, il cadavere di una specifica parte di me è rimasto in quel luogo, ma mi ci sono voluti anni per rielaborare quel trauma e per capire che era solo e semplicemente ciò di cui avevo bisogno e, infine, esattamente ciò che io stesso avevo chiesto.

Any way, l’intensità dell’esperienza con la Mescalina è qualcosa che non penso abbia eguali. La Psilocibina porta lo psiconauta in una dimensione di totale libertà, nella quale egli può realmente scegliere qualsiasi cosa. La psilocibina non chiede nulla, dà solamente. Tuttavia e proprio per questo è una lama a doppio taglio giacché in tali condizioni è molto difficile vedere le trappole egoiche. La conseguenza è che, se non ci metti del tuo e ti accontenti di divertirti, nella migliore delle ipotesi la Psilocibina ti lascia come ti ha trovato. Nella peggiore, ti ritrovi nero come la morte a inseguire fantasmi.

Mescalito, viceversa e paradossalmente, toglie ogni libertà per portarti alla Libertà. Ecco, questo, almeno a me, ha trasmesso la formidabile impressione che Mescalito sia davvero molto di più di una metafora. Assomilgia più a una macchina (psichica) progettata per essere un’opzione di verità a qualsiasi costo. Se trattassimo di materiale onirico, Mescalito sarebbe un parassita animico, ossia qualcosa scaturito dalla spinta indomabile della Parte Immortale. Il problema è che trascende i limiti soggettivi per porsi direttamente in una zona collettiva. Jung parlerebbe di inconscio collettivo e, anche se si tratta di una nomenclatura che ha fatto il suo tempo, renderebbe l’idea.

Tuttavia, se fosse così, allora non solo avremmo oggettivato la psiche, ma avremmo anche trovato le porte che permettono a chiunque di accedervi: la Chiavi Biologiche, appunto.

Non, quindi, semplici principi attivi e nemmeno scarne molecole, bensì macchine complesse costruite, sì, attorno a una singola molecola, ma con un passato antichissimo. Talmente antico da aver indotto la nascita e l’accrescimento di specifici DEVA, ossia parassiti animici specificamente orientati in direzione dell’ampliamento coscienziale. E questo sembra particolarmente evidente nel caso della DMT, forse l’alcaloide con le maggiori testimonianze relative sia all’assunzione della sostanza pura, sia legata al patrimonio organolettico della pianta che la contiene grazie al beverone amazzonico.

Nel primo caso l’esperienza è velocissima e, a quanto si legge nei resoconti, molto astratta. Nel secondo, l’esperienza è lenta e le immagini che produce spesso sono legate alla foresta e alle creature che la popolano, come se ci fosse una volontà precisa che spinge in una determinata direzione. E questo è vero, ad esempio, anche per l’ibogaina, estratta dalla Tabernanthe Iboga, in Africa centro-occidentale, così come per tutte quelle chiavi legate a una terra e, quindi, a un popolo e alle sue tradizioni.

Iboga
Figura 6: Tabernanthe Iboga

Ebbene, questo spiega il motivo per il quale le CB non sono scomparse immediatamente dopo essere state il trigger che ha scatenato l’esplosione della neocortex. In fondo, ciò che non è in qualche modo funzionale al sistema molto prestamente dovrebbe cessare d’esistere. Non le Chiavi perché, oltre ad aprire le porte della percezione, ossia le porte del mondo parallelo che da quarantamila anni è con noi, sono lo strumento principe del profondo mutamento di atteggiamento rispetto a cosa significhi percepire, ossia il miracolo che ogni individuo compie ogni giorno della sua esistenza e che la nostra insipienza banalizza con le imbarazzanti forme del tipo “non è altro che”.

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