Quantum Dots

entanglement

Punto quantico

Un paio di giorni fa, Massimo Mazzucco ha pubblicato sul canale luogocomune2 un video che definire sorprendente è eufemistico. Lo posto qui, in modo che possiate farvi un’idea precisa di quanto possa essere spiazzante il suo contenuto:


Di seguito, la definizione di Quantum Dot fornita da Wikipedia:

Un punto quantico o punto quantistico (dall’inglese quantum dot) è una nanostruttura formata da un’inclusione di un materiale semiconduttore, con una certa banda proibita e con dimensioni tipiche comparabili alla lunghezza d’onda di De Broglie, all’interno di un altro semiconduttore con banda proibita più grande. Questa struttura genera un pozzo di potenziale tridimensionale che confina i portatori di carica, elettroni e lacune, in una piccola regione di spazio in cui i livelli energetici divengono discreti. Quest’ultima proprietà ha portato all’associazione tra punti quantici e atomi generando lo pseudonimo “atomi artificiali”.

Probabilmente è pleonastico ribadire il concetto che siamo in piena quantomeccanica, tuttavia correrò il rischio giacché la quantomeccanica è precisamente l’oggetto di questo lavoro.

È accaduto ieri che, appena visionato il video, io l’abbia condiviso con alcuni amici e che, da uno di questi, sia giunta la seguente, interessantissima osservazione:

Visto tutto…in effetti la prima volta che ho sentito parlare di entanglement mi ero domandato come potesse essere possibile che non venisse ancora usato come tecnologia.

Chiamo questo mettere il dito sulla piaga

Come bene ha spiegato nel video il dott. Massimo Citro, tutto parte nel 1930 con il c.d. paradosso EPR (acronimo di Einstein, Podolsky e Rosen), una risposta graffiante alla meccanica quantistica allo scopo palese di negarne l’esistenza (un po’ come fece Bertrand Russell con il suo tacchino rispetto all’induttivismo o, anche, come fece Diogene di Sinope per smontare il paradosso di Achille e la tartaruga). In altre parole, Einstein, Podolsky e Rosen nel 1930 erano convinti che la quantomeccanica non fosse in alcun modo reale.

Il problema, tuttavia, è che la quantomeccanica e l’entanglement tra fotoni non solo sono reali ma funzionano benissimo e, almeno a quanto dimostrano le attività del sig. William Henry Gates III, potrebbe già funzionare anche l’entanglement fra elettroni. Ecco, questo ci fa tornare alla ficcante considerazione del mio amico: perché non è stata usata prima una simile tecnologia? E la risposta è semplice e feroce: perché, per l’intero secolo scorso, la quasi totalità della comunità scientifica non ha creduto che si trattasse di qualcosa di reale.

Certo, molto ha giocato l’ampliamento, all’inizio lento e timido e poi sempre più veloce e sfrontato, sia della ricerca nel campo dei materiali semiconduttori sia, soprattutto, dell’evoluzione di un linguaggio dedicato. Ed è proprio questo linguaggio, del quale a breve vedremo qualche esilarante esempio, che ci dà la vera misura della follia scaturita da quel che ritengo il più grande errore del razionalismo, ossia l’avere tolto dalle equazioni che descrivono sia l’uomo, sia l’universo, la Parte Immortale. In altre parole, proprio quella parte grazie alla quale la c.d. comunicazione non locale fra particelle in natura avviene in modo continuo, fluente e spesso spietato (soprattutto con i razionalisti). Del resto, vien da sé che se tolgo da un’equazione una sua parte, quale che sia, con ogni probabilità avrò reso l’equazione più semplice. Tuttavia, mi sarò precluso qualsivoglia possibilità di conoscere tale parte, con la conseguenza che la descrizione che otterrò non potrà che essere parziale giacché l’aver tolto quella specifica parte m’impedirà di inglobare nella descrizione stessa ciò che quella parte rappresenta.

Così, nel malaugurato caso che l’esperienza sensibile mi sbatta in faccia fenomeni non spiegabili con la mia equazione semplificata (ad esempio, l’entanglement), sarò costretto alle più ardite acrobazie logiche per far rientrare quei fatti nel ristretto ambito spazio-temporale descritto dalla mia equazione semplificata.

Per l’appunto, un bell’esempio di tali acrobazie potrebbero essere i due oggetti denominati quasiparticella e lacuna. La prima è definita come l’insieme di una particella singola e della sua circostante nuvola costituita da altre particelle (infatti, si parla anche di particella vestita). In sostanza, si pensi a una particella che, muovendosi dentro un certo materiale (tipicamente, un semiconduttore), ne trascina con sé delle altre. Ebbene il tutto è descritto come una particella reale, pur non essendolo in senso stretto.

Sembrerebbe tutto regolare, sennonché qualora si arrivi alla definizione di lacuna, il tutto diviene più oscuro. Sì, perché una lacuna è definita come assenza dell’elettrone. Assenza assai strana, in effetti, giacché se l’elettrone ha carica negativa, la lacuna avrebbe carica positiva … però la massa della lacuna è maggiore di quella dell’elettrone … e, complessivamente, l’insieme delle lacune ha una mobilità (all’interno del semiconduttore) inferiore a quella dell’elettrone. Mica finita, la lacuna è descritta sia come quasiparticella, sia come mancanza dell’elettrone all’interno del semiconduttore. Confusi? Ne avete ben donde giacché non è affatto chiaro se il lemma quasiparticella indichi una presenza, un’assenza o entrambe le cose, così com’è oscuro il modo con il quale un’assenza possa essere dotata di qualsivoglia tipo di carica. Non mi spingerò oltre, ma consiglio vivamente di verificare di persona il livello d’oscurità del linguaggio quantomeccanico, scorrendo qui una lista (assai bizzarra) delle quasiparticelle.

Ebbene, il punto sta proprio nel fatto che la comprensibilità formale di un linguaggio è sempre inversamente proporzionale al livello di comprensione sostanziale dell’oggetto descritto. Per dirla in modo più semplice, meno l’individuo comprende ciò che sta osservando, più il linguaggio che genera per la descrizione di quanto va osservando scivola verso configurazioni sempre meno comprensibili, sino a sconfinare inevitabilmente in forme sempre più analogiche ove non, addirittura, magiche. Un esempio, peraltro già proposto in altro lavoro, è la quintessenza (ossia una delle due forme nelle quali è proposta la descrizione dell’energia oscura) e che è definita come campo dinamico la cui densità d’energia varia nello spazio e nel tempo. Ora, il lemma quintessenza è di stretta genesi alchemica ed è servito per descrivere qualcosa che gli alchimisti non hanno, in realtà, mai compreso. Curioso che sia ripreso dai fisici per cercare di descrivere l’energia oscura, ossia qualcosa che nessun astrofisico sa cosa sia, ma che è ipotizzata in forma di pressione negativa per giustificare l’espansione accelerata dell’universo 11375497-cartoon-emoticon-yellow-face-pondering-creativity-chewing-on-a-pencil.

Entanglement

Nel video, Massimo Citro fa riferimento a diversi casi di entanglement assai comuni, riferiti sia al mondo vegetale, sia al mondo animale. Gli sfugge, ma di certo è solo una caso, quello più evidente e vicino a noi, ossia l’entanglement fra una madre e figlio/a, soprattutto durante i primi tre anni di vita e che ho già descritto altrove (Teoria dei Campi Psichici).

Fra madre e figlio esiste una comunicazione costante e che agisce a prescindere dalla distanza che li separa. È in questo modo, infatti, che il bambino, nel periodo di vita che va da zero a tre anni, apprende dalla madre il linguaggio di quest’ultima e sul quale edifica la propria, specifica individualità. E ciò è possibile solo perché il brain del neonato si trova, grazie alla totale assenza di macchine neurali diverse da quelle native e necessarie a mantenere il corpo in vita e in salute, in uno stato di fluidità tale da rendere l’entanglement l’unico modo possibile per lui di raccogliere informazioni.

Tuttavia, il problema resta quello di capire cosa realmente possa significare la locuzione connessione non locale giacché, se riferita al piano fisico, questa è del tutto priva di senso, esattamente come quintessenza, leone verde, elementali, sefiroth, qliphoth o genio della lampada. E ciò per l’unico, esiziale motivo che dalle equazioni descriventi l’uomo (microcosmo) e l’universo (macrocosmo) è stata insensatamente tolta la Parte Immortale, ossia la Coscienza, declinata secondo lo stato (di Coscienza) nel quale questa versa in un determinato istante: Uno (Coscienza Creatrice) o Dualità (Coscienza duale).

Ebbene, in proposito e per tale enigma, ho presentato una soluzione, a mio avviso sensata, nel lavoro dal titolo Zero Point Energy. Di seguito, uno stralcio relativo al neologismo Panetwork:

Altrove ho usato un termine diverso per indicare la specifica proprietà del Campo Endecadimensionale di veicolare informazioni a tempo zero a prescindere dalla distanza fra sorgente e ricevitore. Ora, pare evidente che tale proprietà non possa essere sfruttata da particelle che appartengano al nostro universo per il noto limite della velocità della luce (“c”).

Tuttavia, né la Materia, né l’Energia oscure si possono dire esclusivamente appartenenti a questo universo eppure, sia i calcoli della relatività generale, sia le incongruenze di questi con la velocità dei bracci a spirale delle galassie distanti, hanno persuaso i fisici a predicarne l’esistenza. E cosa può significare questo se non che esistono particelle che non possono dirsi appartenenti a un unico universo ma che, proprio in forza delle qualità del Campo, sono libere di viaggiare in qualsiasi tipo di creazione, a prescindere dal set dimensionale che la caratterizza? A motivo di ciò, ho abbandonato la vecchia nomenclatura (Psiconetwork) in favore di Panetwork, ossia una rete globale la quale coincide in modo preciso con il Campo Endecadimensionale e che giustifica non solo fenomeni quali la telepatia o la preveggenza, ma lo stesso entanglement quantistico.

Tali fenomeni, infatti, possono spiegarsi solo grazie a un’informazione che viaggia a una velocità infinitamente superiore a quella della luce. In tali casi, infatti, l’informazione deve assumere una forma tale da divenire compatibile con la Materia della quale si compone il Panetwork. La stessa Materia che chiamiamo oscura e che, di fatto, è l’intero Campo Endecadimensionale. A quel punto, l’informazione cambia mondo, letteralmente, giacché esce dall’universo tetradimensionale per entrare in un altro il quale è edificato su di un set dimensionale più grande e nel quale il limite di “c” semplicemente non esiste più.

Facile, ma solo a patto che si ponga la Coscienza alla base dell’intera Dualità. Solo a patto di portare la descrizione del cosmo in una dimensione profondamente olistica e, in forza della quale, lo stesso cosmo ha coscienza di sé. A quel punto, l’entanglement perde qualsivoglia connotazione misteriosa per diventare ciò che è in realtà: il modo di funzionare proprio della Creatura o, più correttamente, del Multiverso, ossia un campo endecadimensionale formato da 2048 universi all’interno del quale, coerentemente a quanto affermato dallo stesso Einstein, la distribuzione dell’energia è massima nella fascia tetradimensionale, quella dove la materia è maggiormente presente e densa e dove esiste anche il nostro universo.

Esiste, quindi, un confine esiziale che separa i guerrieri dagli individui che somigliano (o anche solo vorrebbero somigliare) al sig. William Henry Gates III. È il medesimo confine che esiste fra cacciatori e sognatori: i primi perseguono uno scopo trascendente denominato Stato Terzo, i secondi solamente potere e predazione. I primi hanno reinserito nell’equazione la loro Parte Immortale, i secondi no. A buon intenditor poche parole.

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