Gli Immortali

Guerriero di Capestrano

Gli Immortali II – La Quinta Dimensione

Gli Immortali III – La Grande Ottava della Consapevolezza

Gli Immortali IV – Il Distacco

Gli Immortali V – Microcosmo

Gli Immortali VI – Keter

Gli Immortali VII- Connettività

Gli Immortali VIII – Viaggio Dimensionale

Gli Immortali IX – I Dodici Passi

L’esordio

Tutto iniziò come se l’antica certezza della solidità dell’esistenza fosse improvvisamente venuta a mancare. All’inizio, nessuno comprese quanto stava accadendo, ma per tutti divenne percepibile l’abisso. Uscivi per strada e vedevi la paura negli occhi delle persone. Uno sgomento senza nome, un turbamento profondo e al quale nessuno riusciva a sottrarsi.

I vecchi, soprattutto, mostravano la difficoltà più grande. Gli occhi spalancati, camminavano senza meta, guardandoti senza vederti. Qualcosa di profondo e di antico si era spezzato, il fondamento che sino a poco prima aveva sostenuto la vita, ora sembrava essere scomparso. Come se quell’oceano d’infinite possibilità che, con la sua risacca inesauribile, aveva da sempre giustificato ogni cosa ripulendo la battigia dagli errori, dalle incomprensioni, dalle violenze, dai cadaveri generati dall’umano agire, non ci fosse più e ora l’umanità fosse completamente sola.

In brevissimo tempo, ogni cosa precipitò nel caos. Inutilmente, i media cercarono di fare il lavoro di sempre poiché, qualsiasi tentativo di indurre un senso di sicurezza nelle persone, non riusciva a ottenere alcun effetto. Anzi, le pletore di esperti che si avvicendavano nelle trasmissioni televisive, proponendo le spiegazioni più disparate, non facevano che aumentare il senso di disperazione e scoramento. Le notizie fatte circolare, parlavano di un collasso della magnetosfera che, almeno questo si diceva, era cominciato quasi in sordina, con “buchi” di un paio d’ore. In breve, tuttavia, queste piccole assenze si erano estese, prima alle 24 ore e, quindi, alle 48 ore secondo uno schema, almeno in apparenza, periodico.

Nessuno, tuttavia e per quanto sforzo facesse, riusciva a chiarire in termini razionali il perché la terra stesse facendo questo. L’unica cosa inequivoca era la morte della vegetazione e la progressiva follia di uomini e animali.

Questo fu l’inizio e fu tale per ogni vivente. E, a distanza di qualche settimana, accadde una cosa molto particolare. Qualcosa simile a una nebbia prese a manifestarsi ovunque, ma senza traccia di umidità nell’aria e che permaneva, nonostante le condizioni meteorologiche mutassero. Qualcosa che sembrava muoversi in qualche direzione che, tuttavia, era impossibile determinare. Qualcuno ci provò, piantando paletti, riferimenti fissi, concreti, che restituissero l’informazione riguardante la direzione del moto della misteriosa nebbia, ma senza successo. I satelliti non la vedevano, perciò, per le autorità non esisteva, tuttavia le persone e gli animali la percepivano. L’unica certezza era che la nebbia si stesse allontanando da chi la osservava e questo anche nel caso i due osservatori fossero “uno di fronte all’altro”.

Fu lì che alcuni di noi cominciarono a vedere qualcosa. In mezzo al caos delle persone disperate, degli esperti televisivi annaspanti, della vegetazione morente e della vita che sempre più velocemente stava lasciando il pianeta, alcuni di noi divennero consapevoli della reale natura di quella nebbia.

Quel che accadde fu che iniziammo a vedere queste lame di luce che sembravano uscire da ogni parte. Erano inspiegabili, ma ci accendevano. Era come se trasformassero lo scoramento e l’angoscia in una consapevolezza nuova, sconosciuta e che andava formandosi, acquistando contorni sempre più chiari ed evidenti. Fino a che, un giorno, i pochi di noi che erano riusciti a sintonizzare se stessi su questa visione divennero finalmente consapevoli che l’essenza della Terra si stava staccando dal pianeta, proprio come fanno gli umani quando muoiono, quando il corpo sottile, il doppio, si stacca, lasciando il corpo fisico all’unico destino possibile, quello d’essere divorato dai vermi.

Fu un momento davvero strano, memorabile per più di un motivo. Se da un lato, infatti, ci tolse da quell’ambito di morte e desolazione, regalandoci una forza che mai avevamo conosciuto prima, dall’altro ci separò per sempre da tutti gli altri, mettendo ciascuno di noi davanti alla scelta: seguire quella visione o restare qui, a morire con il resto dell’umanità. E fu tutt’altro che facile perché fummo costretti a guardare negli occhi i nostri famigliari che, nonostante gli sforzi per cercare di portarli dove eravamo noi, continuavano a vedere solamente la nebbia che si allontanava da loro.

Non so se qualcuno ha scelto di restare con chi amava e di morire a sua volta, so solo che io e gli altri scegliemmo di seguire la visione e che questo ci fece saltare.

Il Doppio di Gaia

Ricordo che, da un certo punto in poi, chi non poteva condividere la nostra visione, era diventato per noi un pericolo. Al punto che divenne conveniente celare a chiunque la nostra condizione.

Nel giro di pochissimi mesi e per far fronte alla violenza sempre più dilagante, i governi di tutti i paesi avevano adottato politiche tremendamente restrittive. Le città erano presidiate da polizia ed esercito e in diversi grandi centri erano stati istituiti il coprifuoco e la legge marziale. La terra ogni giorno perdeva un po’ della sua luce, i suicidi non si contavano nemmeno più e tutto questo aveva generato un clima tesissimo, fatto di sospetto e di episodi di violenza che esplodevano sempre più frequentemente.

Circostanze che resero alcuni di noi ben consapevoli del fatto che, se avessimo detto che potevamo vedere il Doppio di Gaia, avremmo fatto una brutta fine. E il Doppio di Gaia era splendido. Mentre sembrava danzare nel cielo a Ovest, riproduceva in modo preciso i continenti e gli oceani del pianeta che stava morendo sotto i nostri piedi. Aveva colori brillanti con riflessi dorati e lucenti che uscivano da esso. E c’era un canto, sottile e potente, che non smetteva di chiamarci. Ricordo che a quel tempo conoscevo pochi immortali, c’erano due ragazzi di Roma, un maschio e una femmina, e una ragazza di Bologna. Ricordo le chat e le telefonate per parlare di tutto lo stupore e la meraviglia che il Doppio di Gaia ci suscitava e, soprattutto, del fatto che ciascuno di noi sentiva di dover saltare per spostare se stesso definitivamente e per sempre là sopra.

Il Salto

Descrivere il modo come avvenne, è facile. Ricordo che, a un certo punto, smisi di avere paura e mi aprii completamente. In effetti, fu proprio la spaventosa realtà che mi circondava a permettermi questo. Che avevo da perdere? Sarei morto in ogni caso, schiacciato dall’angoscia e dalla follia, tanto valeva liberarsi d’ogni paura e aprirsi a quel canto. Certo, c’erano sconcerto e dolore per le persone che amavo, ma sacrificare me stesso non le avrebbe salvate in ogni caso. Così, saltai. E il Salto fu pura emozione, equivalse a lasciare qualcosa di conosciuto per l’ignoto, ridendo forte in faccia alla follia e alla morte. È necessario avere piena fiducia in ciò che si è, perché ciò che siamo è la sola cosa abbiamo. Ci si deve fidare del fatto che esiste una parte di noi che sa ogni cosa e che, per questo, è capace di fare ciò che serve, ossia realizzare l’unione con la nostra parte immortale.

Così, mi aprii senza alcuna paura delle emozioni e quella parte fece tutto il lavoro, senza errori. E, infatti, questo accadde e, un istante o un’eternità dopo, mi trovai nel Doppio di Gaia e con me erano in molti. Non so quanti, non ci siamo mai contati, in verità. Siamo immortali, che importanza può avere?

Gli Immortali

È passato del tempo dall’istante nel quale anche l’ultimo ha saltato. Quando questo è avvenuto, vi è stato un breve periodo durante il quale ciascuno di noi ha dovuto affrontare più di un problema. Non si è trattato di problemi di sopravvivenza, giacché la morte è una cosa che sembra non riguardarci. Non parlo dell’universo nel quale siamo finiti, bensì di ciascuno di noi. Affermo questo poiché, qui, è divenuto evidente che, superata la difficoltà della rapidissima decadenza della materia negli universi a quattro dimensioni, il problema della sopravvivenza si sposta sul Multiverso ospite. Nel senso che la singola consapevolezza esisterà almeno sino a quando il Multiverso ospite potrà dirsi vivo.

Ciò è apparso chiaro sin dal momento in cui abbiamo compreso che il luogo nel quale eravamo finiti esiste in un universo a cinque dimensioni. Non sappiamo perché, ma questa quinta dimensione, oggetto ancora in gran parte sconosciuto, ci ha fornito questa certezza profonda.

In questo luogo, quindi, gli oggetti hanno tutti un’altezza, una larghezza e una profondità. Inoltre, è possibile calcolare il tempo giacché Gaia sembra aver mantenuto, almeno in apparenza, la sua orbita intorno a una stella luminosissima, simile al vecchio sole, ma significativamente più grande. Se, all’inizio, questo ha spiazzato un po’ tutti, presto è divenuto evidente che mantenere in essere la dimensione temporale sarebbe stato, in ogni caso, un vantaggio, soprattutto riguardo all’esigenza di conservare in essere l’illusione della molteplicità, fondamentale per lo Scopo.

Il problema immediato, quindi, è stato proprio quello di comprendere a fondo la natura di questa quinta dimensione. Abbiamo discusso a lungo fra noi e ciascuno ha cercato di renderne il senso profondo, ma siamo ancora lontani dalla soluzione. Tuttavia e considerando che molti di noi non hanno ancora fatto proprio lo Scopo, questa difficoltà ha messo d’accordo tutti, rendendo evidente la direzione generale: muoverci verso la comprensione profonda e totale della creatura a undici dimensioni. E questo potrà avvenire, in prospettiva, solo espandendo la nostra consapevolezza in tutti i piani d’esistenza. Anche perché, ciascuno ha compreso che, qualora riuscissimo a portare a termine un simile compito, alla morte di questo Multiverso, potrebbe presentarsi la necessità di saltare in un altro, ammesso e non concesso che ne esistano altri e che, magari, possano essere espressione di un patrimonio dimensionale più grande di questo.

Si è trattato di un passaggio molto importante, drammatico per certi versi poiché alcuni di noi, nonostante il salto, sono rimasti legati all’idea di un dio (lo chiamano in modi diversi, ma il concetto è il medesimo). Questo, fatalmente, ha portato alla formazione di gruppi che hanno creato culti i membri dei quali, tuttavia, mostrano una diminuita capacità di spostarsi negli universi. Sono meno capaci, a volte non lo sono per niente, di rimodulare se stessi in mondi costruiti su dimensioni diverse da quelle che abbiamo sempre conosciuto. Infine, c’è solo da attendere che capiscano da soli che i limiti che trovano sono generati da loro stessi. In effetti, ciò potrebbe anche non accadere mai. Tuttavia e in ultima analisi, la cosa non ha grande importanza, almeno sino a che ci sarà un certo numero di consapevolezze totalmente focalizzate sullo Scopo.

Nel frattempo, infatti, proprio questo gruppo più consapevole ha compiuto passi avanti rispetto alla comprensione di quanto necessario al raggiungimento dello Scopo. E ciò è avvenuto proprio grazie all’antico motto “in alto come in basso”. In realtà, è divenuto evidente come la creatura a undici dimensioni sia già dentro di noi nella forma di quella stessa Anima che integrammo al momento del salto.

Anima è sempre stata un’entità a 11 dimensioni. E, ripensandoci, non avrebbe potuto essere altrimenti, viceversa, nessuno di noi non solo non avrebbe mai potuto saltare, ma nemmeno sarebbe capace di fare ciò che stiamo realmente operando, ossia infilarci in universi costruiti da dimensioni sconosciute al fine di conoscere il Multiverso in ogni suo aspetto. Se quelle dimensioni non fossero già presenti in noi, semplicemente, non potremmo farlo.

Perciò, formiamo piccoli gruppi che si muovono per raggiungere specifiche creazioni al fine di conoscerle a fondo. Con questo, s’intende che il viaggiatore dimensionale deve riuscire a rimodulare la propria consapevolezza in conformità a quanto richiesto dall’insieme delle dimensioni di quella specifica creazione. E si tratta di una conoscenza non trasmissibile, perciò ciascuno deve ripetere individualmente quest’esperienza di consapevolizzazione.

Ora, il piano prevede di completare la consapevolizzazione di un’intera classe dimensionale prima di passare alla successiva. Considerando, quindi, che la classe dimensionale nella quale ci troviamo è espressa da cinque dimensioni, per un totale di 462 creazioni, esistono sette creazioni che condividono le dimensioni spaziali oltre a quella temporale, più una quinta che cambia ogni volta. È apparso logico a tutti iniziare da qui, poiché questo ci darà modo di conoscere le altre sei dimensioni nascoste, una per volta. Proprio come stiamo facendo con quella che abbiamo incontrato appena giunti sul Doppio di Gaia.

Sempre a questo livello vi è, inoltre, da valutare se abbia un senso sperimentare tutte le 462 creazioni esistenti su questo piano. Tuttavia, è questione che, penso, si potrà verificare solo in corso d’opera. In ogni caso, si dovranno aumentare le combinazioni delle dimensioni nascoste, sino a completare l’esperienza di tutte le forme di consapevolezza utilmente esperibili in questa classe dimensionale.

Solo allora, salteremo alla classe dimensionale “6” e, quindi, a quelle successive. Da lì in avanti, tuttavia, sarà solo un problema di affinamento, poiché le undici dimensioni saranno singolarmente tutte conosciute.

Questo è il piano, la road map in base alla quale conquisteremo il Multiverso. Portato a compimento questo indescrivibile compito, forse saremo nelle condizioni per tentare di realizzare lo Stato Terzo. Quanto tempo per tutto ciò? … ∞/2, penso possa bastare.

Infine, il gruppo più consapevole ha, ormai, ben chiara una cosa: tutto ciò è l’espressione dinamica di un atto di auto-conoscenza attuato dalla Coscienza Creatrice. Noi conosciamo quest’atto grazie alla parte che ha avuto il suo inizio in un universo a quattro dimensioni e che, passando per un processo evolutivo che ha portato alla forma-uomo, ha permesso alla Coscienza Creatrice di acquistare e affinare nel tempo ciò che le mancava e di cui aveva bisogno per risolvere il problema della Danza Folle: la consapevolezza.

Ne consegue che la “creatura a undici dimensioni”, con ogni probabilità, è un essere cosciente ma privo di consapevolezza. Divenire, quindi, consapevoli dentro a una creazione a undici dimensioni, vuol dire, ammesso e non concesso che non esistano altri Multiversi ancor più complessi, consentire alla Coscienza Creatrice di realizzare il più alto stato di consapevolezza ipotizzabile, ossia quello che avrà l’opportunità di realizzare lo Stato Terzo.

Certo, a mente della presunta infinità della Coscienza Creatrice, una dimensione in più potrebbe sempre essere aggiunta al novero di quelle che si ritengono esistenti. Ciò, tuttavia, farebbe saltare il banco e renderebbe qualunque sforzo vano sin dal suo inizio, scaraventando tutti noi nel Nulla e vanificando il lavoro fatto sin qui. Per questo, una tale considerazione sarà semplicemente ignorata.

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4 Risposte a “Gli Immortali”

      1. Si…vorrei sape la fonte….. sta roba ha un sacco d informazioni..dove lhai prese!?! 😀

        1. Domanda difficile. Dovrei raccontarti una vita intera e non credo sia cosa, non qui almeno. Ma se ti leggi tutto quel che trovi nel blog, già stai un pezzo avanti rispetto alla domanda.

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